Ordine Equestre del  Santo Sepolcro di Gerusalemme

 

LUOGOTENENZA PER L'ITALIA MERIDIONALE TIRRENICA


  CULTURA E SPIRITUALITA' : Il Cavaliere del Santo Sepolcro di Gerusalemme e l'Incarnazione di Dio , di Mons. Vincenzo Taiani

prima pagina  

 

 

IL CAVALIERE DEL SANTO SEPOLCRO DI GERUSALEMME e

L'INCARNAZIONE DI DIO

relazione del

Comm. Mons. Prof. Vincenzo Taiani

 

    Beato Bartolo Longo

Cavaliere del Santo Sepolcro di Gerusalemme ,

     Fondatore del Santuario di Pompei , in preghiera con il rosario .

Knight of the Equestrian Order of the Holy Sepulchre of Jerusalem 

 

Luogotenenza Italia Meridionale Tirrenica

Sezione de' Principati

 

Incontro spirituale di preghiera, di ascolto della Parola e di meditazione

 

Cava de' Tirreni, Venerdi 18 Giugno 2010

 

presieduto da S.E. Luogotenente Cav. Gr. Croce Gen. Prof. Avv. Giovanni Napolitano, 

e dal Delegato Gr. Uff. Dir.Gen. Giuseppe Raimondi di Cava de' Tirreni - Amalfi

 

 

 

relatore il Comm. Mons. Prof. Vincenzo Taiani

 

IL CAVALIERE DEL SANTO SEPOLCRO DI GERUSALEMME e

L'INCARNAZIONE DI DIO

 

 

 

1. - INTRODUZIONE
 

Il tema, oggetto della riflessione odierna, è l’INCARNAZIONE DI DIO. E’ il più sconcertante, ma, nel contempo, il più appassionante e il più qualificativo della fede cattolica. Non è una affermazione apodittica formalistica, ma è l’esperienza commossa e travolgente di chi crede in Gesù Cristo, Dio Incarnato, oggetto-soggetto specifico della fede cattolica. Pare di ascoltare Mosè, nelle ultime sue disposizioni e catechesi al popolo d’Israele, quando esclamò: “Infatti qual grande nazione ha la divinità così vicina a sé, come il Signore nostro Dio è vicino a noi?” (Dt. 4,7). L’evento dell’Incarnazione diventa il polo centrale dell’intuizione di Comunione e Liberazione del Servo di Dio, Mons. Luigi Giussani. Dio sceglie di rivelarsi all'uomo secondo modalità comprensibili all'uomo e si concretizza nella compagnia di Dio all'uomo mediante l’''incarnazione''. E’ l'abbassamento di Dio a livello dell’uomo. E’, questa, l’intuizione originaria di Don Giussani nel fondare CL, non un’idea, ma un fatto storicamente accaduto: l’Incarnazione di Dio, che fa sgorgare dall’animo uno stupore e una contemplazione mozzafiato, che porta, poi, ad un’azione concreta nella vita e nella storia di ciascun credente. È la grande domanda che si è piantata nel cuore dei credenti e non li ha più lasciati: Cur Deus homo? Perchè Dio si è fatto uomo? Perché Dio è diventato uomo?

In verità, dalla storia della filosofia emerge il tentativo ideologico, che intende ripetere quello mitologico della scalata all’Olimpo da parte dei giganti, di ‘indiamento’, di ‘indiarsi’, di diventare come Dio, soprattutto di plotiniana memoria. Risuonano, però, forti le parole dell’Arcangelo Michele: ‘Quis ut Deus?’. Dio non è la conquista affannosa e delirante dell’uomo, sia pure spinto dal profondo senso innato d’immortalità, ma è un dono di Dio all’uomo, ut homo fieret Deus. Tutto il cristianesimo, e, per esso, l’Incarnazione, che ne ha segnato l’inizio, è il dono offerto all’uomo di una pienezza di essere, che, al contempo, risponde adeguatamente al desiderio dell’uomo e lo supera infinitamente, per cui lo stupore è incessante. L’Incarnazione, cioè la salvezza che prende carne, in fondo, è lo scandalo cristiano, è il paradosso contro cui si scagliano a vuoto i marosi dell’intelligenza umana.

Nel Cristianesimo l'"Incarnazione" per eccellenza indica l'assunzione della natura umana da parte di Gesù Cristo. La dottrina cristiana dell'Incarnazione è così riassunta nel simbolo niceno-costantinopolitano: “Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo”. La dottrina cristiana fa coincidere l'Incarnazione con il momento del concepimento di Gesù; questo avvenne durante l'Annunciazione, non appena Maria accettò il piano di Dio, che l'angelo le proponeva, con le parole: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Luca 1,38). Essendo Gesù privo di colpe, egli nasce esente anche dal peccato originale. Egli si è incarnato per redimere l'umanità dal peccato e assumerne le colpe su di sé. Mentre in diverse altre religioni vi sono racconti nei quali una divinità appare in forma umana (vedi ad esempio il concetto di avatar nell'induismo), l'Incarnazione di Gesù differisce sostanzialmente da queste in quanto, secondo la dottrina cristiana, Egli non assunse soltanto l'aspetto umano, ma assunse pienamente la natura umana, cioè fu veramente uomo, pur rimanendo allo stesso tempo Dio; e visse tutta la parabola dell'esistenza umana, dal concepimento fino alla morte, comprese le amicizie, gli affetti, i sentimenti tipicamente umani. E anche dopo essere risorto Gesù mantiene in eterno la propria duplice natura umana e divina nel seno della Ss.ma Trinità.

La fede nella reale incarnazione del Figlio di Dio è il segno distintivo della fede cristiana: «Da questo potete riconoscere lo spirito di Dio: ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio» (1 Gv 4,2). È la gioiosa convinzione della Chiesa fin dal suo inizio, allorché canta «il grande mistero della pietà»: «Egli si manifestò nella carne» (1 Tm 3,16).

L’assunzione della natura umana di Cristo da parte della Persona del Verbo è opera delle tre Persone divine. L’Incarnazione di Dio è l’Incarnazione del Figlio, non del Padre, né dello Spirito Santo. Ciò nonostante, l’Incarnazione fu opera di tutta la Trinità. Proprio per questo nella Sacra Scrittura a volte la si attribuisce a Dio Padre (Eb 10, 5; Gal 4, 4), al Figlio stesso (Fil 2, 7) o allo Spirito Santo (Lc 1, 35; Mt 1, 20). Si sottolinea così che l’opera dell’Incarnazione fu un unico atto, comune alle tre Persone divine. Sant’Agostino spiegava che «il fatto che Maria concepisse e desse alla luce è opera della Trinità, giacché le opere della Trinità sono inseparabili». Si tratta infatti di un’azione divina ad extra, i cui effetti si trovano fuori di Dio, nelle creature, pertanto sono opera comune delle tre Persone, in quanto uno e unico è l’Essere divino, unico il potere infinito di Dio (cfr. CCC, n° 258).

 


 

2. - L’ATTESA DELL’EMANUELE- DIO CON NOI, IL MESSIA, DA PARTE DEL POPOLO DI ISRAELE NELL’ANTICO TESTAMENTO

 

L’annunzio di un Salvatore risuonò, e dovette essere con parola roboante di Dio, all’inizio della creazione dell’uomo, dopo il peccato originale, come si legge in Genesi, cap. 3,5: “Io porrò inimicizia tra te e la donna,tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”. Dopo il peccato originale e la promessa del Redentore, Dio stesso prende ancora una volta l’iniziativa, stabilendo con gli uomini un’Alleanza: con Noè dopo il diluvio (cfr. Gn 9-10) e, in seguito, soprattutto con Abramo (cfr. Gn 15-17), al quale promise una grande discendenza, della quale avrebbe fatto un grande popolo, concedendogli una nuova terra e nel quale sarebbero state benedette tutte le nazioni. L’Alleanza si rinnovò poi con Isacco (cfr. Gn 26, 2-5) e con Giacobbe (cfr. Gn 28, 12-15; 35, 9-12). Nell’A.T. l’Alleanza raggiunge la sua espressione più completa con Mosè (cfr. Es 6, 2-8; 19-34).

In Zaccaria, cap. 9,9sg. continua l’attesa e diventa esaltante: “Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino,un puledro figlio d’asina. Farà sparire i carri da Efraim e i cavalli da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annunzierà la pace alle genti, il suo dominio sarà da mare a mare e dal fiume ai confini della terra”.

Un momento importante nella storia delle relazioni fra Dio e Israele fu la profezia di Natan (cfr. 2 Sam 7, 7-15), che annuncia che il Messia verrà dalla stirpe di Davide e regnerà su tutti i popoli, e non solo su Israele. Del Messia si dirà in altri testi profetici che la sua nascita avrà luogo a Betlemme (cfr. Mic 5, 1), che apparterrà alla stirpe di Davide (cfr. Is 11, 1; Ger 23, 5), che gli sarà imposto il nome di «Emmanuele», ossia Dio con noi nella visione profetica in Isaia, al cap,7,10sg: “Il Signore parlò ancora ad Acaz:“Chiedi un segno dal Signore tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure lassù in alto”. Ma Acaz rispose:“Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore”. Allora Isaia disse: “Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta di stancare la pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele. Egli mangerà panna e miele finché non imparerà a rigettare il male e a scegliere il bene. Poiché prima ancora che il bimbo impari a rigettare il male e a scegliere il bene, sarà abbandonato il paese di cui temi i due re. 17 Il Signore manderà su di te, sul tuo popolo e sulla casa di tuo padre giorni quali non vennero da quando Efraim si staccò da Giuda: manderà il re di Assiria”.

Del Messia si dirà ancora che sarà chiamato «Dio potente, Padre per sempre, Principe della Pace» (Is 9, 5), ecc. Oltre a questi testi, che descrivono il Messia come re e discendente di Davide, ve ne sono altri che raccontano, anch’essi in modo profetico, la missione redentrice del Messia, chiamandolo Servo di Yahvé, servo dei dolori, il quale assumerà nel suo corpo la riconciliazione e la pace (cfr. Ef 2, 14-18): Is 42, 1-7; 49, 1-9; 50, 4-9; 52, 13-15; 53, 10-12. In un tale contesto è importante il passo di Dn 7, 13-14 sul Figlio dell’uomo, che misteriosamente, attraverso l’umiltà e l’abbassamento, supera la condizione umana e restaura il regno messianico nella sua fase definitiva (cfr. CCC, 440).

Le principali figure del Redentore nell’Antico Testamento sono l’innocente Abele, il sommo sacerdote Melchisedek, il sacrificio di Isacco, Giuseppe venduto dai fratelli, l’agnello pasquale, il serpente di bronzo innalzato da Mosè nel deserto e il profeta Giona.

 

 

 

3. - LA VENUTA DI CRISTO E I SEGNI DEL TEMPO MESSIANICO NEL NUOVO TESTAMENTO

 

E poi venne il fatidico giorno, in cui la promessa si avverò, Dio si incarnò in una maniera del tutto inconcepibile per l’uomo, come si legge nel Vangelo di Luca, al cap. 1,26sg: “Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. Allora Maria disse all’angelo: “Come è possibile? Non conosco uomo”. Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio”. Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. E l’angelo partì da lei”.

E allora: “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv. 1,14). Di Costui si narra qualche dettaglio della vita anteriore: “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le te-nebre non l’hanno accolta. Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv. 1,1-11).

E la nascita avvenne così: “In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo. C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc, 2,1sg).

E i segni messianici dell’Incarnazione li racconta proprio Colui che si è incarnato: “Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro? ”. Gesù rispose: “Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me” (Mt 11,2sg).

Questi sono i fatti, raccontati nel modo più normale e più semplice possibile a fronte di un evento a dir poco straordinario, miracoloso e misterioso.

E gli apostoli se ne fanno testimoni garanti e invitti araldi dell’Evento. San Paolo, infatti, in Fil 2,5-8, dice: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce». E nella Lettera agli Ebrei sottolinea: «Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: "Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo... per fare la tua volontà"» (Eb 10,5-7 citando Sal 40,7-9 LXX). E così nella Lettera a Timoteo: «Egli si manifestò nella carne» (1 Tm 3,16). L’apostolo Giovanni, nella sua prima Lettera, precisando che la fede nella reale incarnazione del Figlio di Dio è il segno distintivo della fede cristiana,così si esprime: «Da questo potete riconoscere lo spirito di Dio: ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio» (1 Gv 4,2).

 

 

 

4. – L’INCARNAZIONE NEL MAGISTERO E NELLA TEOLOGIA DELLA CHIESA

 

Il magistero della Chiesa circa l’Incarnazione di Dio è riportato sinteticamente ed esaurientemente nel Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), parte prima, sezione seconda, capitolo secondo, articolo 3, paragrafo 1, il cui titolo è: IL FIGLIO DI DIO SI E' FATTO UOMO, nei nn. 456-478.
 

4.1. - La prima domanda a cui risponde il CCC è: Perché il Verbo si è fatto carne?

Con il Credo niceno-costantinopolitano rispondiamo confessando: «Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo; per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo». Il Verbo si è fatto carne per salvarci riconciliandoci con Dio: è Dio «che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (1 Gv 4,10). «Il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo» (1 Gv 4,14). «Egli è apparso per togliere i peccati» (1 Gv 3,5).

Il Verbo si è fatto carne perché noi così conoscessimo l'amore di Dio: «In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo perché noi avessimo la vita per lui» (1 Gv 4,9). «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Il Verbo si è fatto carne per essere nostro modello di santità: «Prendete il mio giogo su di voi e imparate da me...» (Mt 11,29). «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). E il Padre, sul monte della trasfigurazione, comanda: «Ascoltatelo» (Mc 9,7). In realtà, egli è il modello delle beatitudini e la norma della Legge nuova: «Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati» (Gv 15,12). Il Verbo si è fatto carne perché diventassimo «partecipi della natura divina» (2 Pt 1,4).

 

4.2. – La seconda domanda del CCC è: cosa è l'Incarnazione?

Riprendendo l'espressione di san Giovanni («Il Verbo si fece carne»: Gv 1,14), la Chiesa chiama «incarnazione» il fatto che il Figlio di Dio abbia assunto una natura umana per realizzare in essa la nostra salvezza. La Chiesa canta il mistero dell'incarnazione in un inno riportato da san Paolo: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce» (Fil 2,5-8). E’, questa, la kenosi, l'"autosvuotamento" del Logos divino nell'incarnazione, nella realtà della sua ubbidienza verso il divin Padre, nella cosciente accettazione della sua morte . Analogamente nella lettera agli Ebrei: «Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: "Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo... per fare la tua volontà"» (Eb 10,5-7 citando Sal 40,7-9 LXX).

 

4.3. – La terza domanda del CCC è: cosa significa che Cristo è vero Dio e vero uomo?

L'evento unico e del tutto singolare dell'incarnazione del Figlio di Dio non significa che Gesù Cristo sia in parte Dio e in parte uomo, né che sia il risultato di una confusa mescolanza di divino e di umano. Egli si è fatto veramente uomo rimanendo veramente Dio. Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo. La Chiesa nel corso dei primi secoli ha dovuto difendere e chiarire questa verità di fede contro eresie che la falsificavano. Le prime eresie più che la divinità di Cristo hanno negato la sua vera umanità (docetismo gnostico). Fin dall'epoca apostolica la fede cristiana ha insistito sulla vera incarnazione del Figlio di Dio «venuto nella carne». Ma nel terzo secolo, la Chiesa ha dovuto affermare contro Paolo di Samosata, in un Concilio riunito ad Antiochia, che Gesù Cristo è Figlio di Dio per natura e non per adozione. Il primo Concilio Ecumenico di Nicea nel 325 professò nel suo Credo che il Figlio di Dio è «generato, non creato, della stessa sostanza (homousios) del Padre», e condannò Ario, il quale sosteneva che «il Figlio di Dio veniva dal nulla» e che sarebbe «di un'altra sostanza o di un'altra essenza rispetto al Padre». L'eresia nestoriana vedeva in Cristo una persona umana congiunta alla Persona divina del Figlio di Dio. In contrapposizione ad essa san Cirillo di Alessandria e il terzo Concilio Ecumenico riunito a Efeso nel 431 hanno confessato che «il Verbo, unendo a se stesso ipostaticamente una carne animata da un'anima razionale, [...] si fece uomo». L'umanità di Cristo non ha altro soggetto che la Persona divina del Figlio di Dio, che l'ha assunta e fatta sua al momento del suo concepimento. Per questo il Concilio di Efeso ha proclamato nel 431 che Maria in tutta verità è divenuta Madre di Dio per il concepimento umano del Figlio di Dio nel suo seno; «Madre di Dio [...] non certo perché la natura del Verbo o la sua divinità avesse avuto origine dalla santa Vergine, ma, poiché nacque da lei il santo corpo dotato di anima razionale a cui il Verbo è unito sostanzialmente, si dice che il Verbo è nato secondo la carne». I monofisiti affermavano che la natura umana come tale aveva cessato di esistere in Cristo, essendo stata assunta dalla Persona divina del Figlio di Dio. Opponendosi a questa eresia, il quarto Concilio Ecumenico, a Calcedonia, nel 451, ha confessato: «Seguendo i santi Padri, all'unanimità noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo, [composto] di anima razionale e di corpo, consostanziale al Padre per la divinità, e consostanziale a noi per l'umanità, "simile in tutto a noi, fuorché nel peccato"; generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, e in questi ultimi tempi, per noi e per la nostra salvezza, nato da Maria Vergine e Madre di Dio, secondo l'umanità. Un solo e medesimo Cristo, Signore, Figlio unigenito, che noi dobbiamo riconoscere in due nature, senza confusione, senza mutamento, senza divisione, senza separazione. La differenza delle nature non è affatto negata dalla loro unione, ma piuttosto le proprietà di ciascuna sono salvaguardate e riunite in una sola persona e una sola ipostasi». Dopo il Concilio di Calcedonia, alcuni fecero della natura umana di Cristo una sorta di soggetto personale. Contro costoro, il quinto Concilio Ecumenico, a Costantinopoli, nel 553, ha confessato riguardo a Cristo: vi è «una sola ipostasi [o Persona]..., cioè il Signore (nostro) Gesù Cristo, uno della Trinità». Tutto, quindi, nell'umanità di Cristo deve essere attribuito alla sua Persona divina come al suo soggetto proprio, non soltanto i miracoli ma anche le sofferenze e così pure la morte: «Il Signore nostro Gesù Cristo, crocifisso nella sua carne, è vero Dio, Signore della gloria e uno della Santa Trinità». La Chiesa così confessa che Gesù è inscindibilmente vero Dio e vero uomo. Egli è veramente il Figlio di Dio che si è fatto uomo, nostro fratello, senza con ciò cessare d'essere Dio, nostro Signore: «Id quod fuit remansit et quod non fuit assumpsit – Rimase quel che era e quel che non era assunse», canta la liturgia romana.

 

4.4. – La quarta domanda che si pone e a cui risponde il CCC è: come il Figlio di Dio è uomo?

Poiché nella misteriosa unione dell'incarnazione «la natura umana è stata assunta, senza per questo venir annientata», la Chiesa nel corso dei secoli è stata condotta a confessare la piena realtà dell'anima umana, con le sue operazioni di intelligenza e di volontà, e del corpo umano di Cristo. Ma parallelamente ha dovuto di volta in volta ricordare che la natura umana di Cristo appartiene in proprio alla Persona divina del Figlio di Dio che l'ha assunta. Tutto ciò che egli è e ciò che egli fa in essa deriva da «uno della Trinità». Il Figlio di Dio, quindi, comunica alla sua umanità il suo modo personale d'esistere nella Trinità. Pertanto, nella sua anima come nel suo corpo, Cristo esprime umanamente i comportamenti divini della Trinità: «Il Figlio di Dio [...] ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con mente d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato» (Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 22).

 

4.5. – La quinta domanda che si pone il CCC è: come sono l'anima e la conoscenza umana di Cristo?

Apollinare di Laodicea sosteneva che in Cristo il Verbo aveva preso il posto dell'anima o dello spirito. Contro questo errore la Chiesa ha confessato che il Figlio eterno ha assunto anche un'anima razionale umana. L'anima umana che il Figlio di Dio ha assunto è dotata di una vera conoscenza umana. In quanto tale, essa non poteva di per sé essere illimitata: era esercitata nelle condizioni storiche della sua esistenza nello spazio e nel tempo. Per questo il Figlio di Dio, facendosi uomo, ha potuto accettare di «crescere in sapienza, età e grazia» (Lc 2,52) e anche di doversi informare intorno a ciò che nella condizione umana non si può apprendere che attraverso l'esperienza. Al tempo stesso, però, questa conoscenza veramente umana del Figlio di Dio esprimeva la vita divina della sua persona. « Il figlio di Dio conosceva ogni cosa; e ciò per il tramite dello stesso uomo che egli aveva assunto; non per la natura (umana), ma per il fatto che essa stessa era unita al Verbo [...]. La natura umana, che era unita al Verbo, conosceva ogni cosa, e tutto ciò che è divino lo mostrava in se stesso per la sua maestà» (San Massimo il Confessore, Quaestiones et dubia, Q. I, 67). La conoscenza umana di Cristo, per la sua unione alla Sapienza divina nella Persona del Verbo incarnato, fruiva in pienezza della scienza dei disegni eterni che egli era venuto a rivelare.

 

4.6. – La sesta domanda che si fa il CCC è: come era la volontà di Cristo?

La Chiesa nel sesto Concilio Ecumenico ha dichiarato che Cristo ha due volontà e due operazioni naturali, divine e umane, non opposte, ma cooperanti, in modo che il Verbo fatto carne ha umanamente voluto, in obbedienza al Padre, tutto ciò che ha divinamente deciso con il Padre e con lo Spirito Santo per la nostra salvezza. La volontà umana di Cristo «segue, senza opposizione o riluttanza, o meglio, è sottoposta alla sua volontà divina e onnipotente» (Concilio di Costantinopoli III, Sess. 18a, Definitio de duabus in Christo voluntatibus et operationibus).

 

4.7. – La settima domanda prospettata dal CCC è: come era il vero corpo di Cristo?

Poiché il Verbo si è fatto carne assumendo una vera umanità, il corpo di Cristo era delimitato. Perciò l'aspetto umano di Cristo può essere «dipinto». Nel settimo Concilio Ecumenico (Concilio di Nicea II, anno 787) la Chiesa ha riconosciuto legittimo che venga raffigurato mediante venerande e sante immagini. Al tempo stesso la Chiesa ha sempre riconosciuto che nel corpo di Gesù il «Verbo invisibile apparve visibilmente nella nostra carne» (Prefazio di Natale, II). In realtà, le caratteristiche individuali del corpo di Cristo esprimono la Persona divina del Figlio di Dio. Questi ha fatto a tal punto suoi i lineamenti del suo corpo umano che, dipinti in una santa immagine, possono essere venerati, perché il credente che venera «l'immagine, venera la realtà di chi in essa è riprodotto».

 

4.8. – L’ottava e ultima domanda proposta dal CCC è: come è il cuore del Verbo incarnato?

Gesù ci ha conosciuti e amati, tutti e ciascuno, durante la sua vita, la sua agonia e la sua passione, e per ognuno di noi si è offerto: il Figlio di Dio «mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20). Ci ha amati tutti con un cuore umano. Per questo motivo, il sacro cuore di Gesù, trafitto a causa dei nostri peccati e per la nostra salvezza, «è considerato il segno e simbolo principale [...] di quell'infinito amore, col quale il Redentore divino incessantemente ama l'eterno Padre e tutti gli uomini» (Pio XII, Lett. enc. Haurietis aquas).

 

 

 

 

5. - APPLICAZIONE DELL’INCARNAZIONE AL CAVALIERE E ALLA DAMA DELL’OESSG

 

L’Incarnazione non è solo un evento che riguarda la Ss.ma Trinità, riguarda anche l’uomo e, in modo particolare, il Cavaliere e la Dama del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

 

 

5.1. – Innanzitutto: cosa ha compiuto l’Incarnazione nei confronti dell’uomo in generale?

 

CON L’INCARNAZIONE IL FIGLIO DI DIO SI È UNITO IN UN CERTO MODO AD OGNI UOMO” (GS, 22). La seconda Persona della SS.ma Trinità, incarnandosi in CRISTO, ha assolto il ruolo fondamentale di una RIVELAZIONE DELL’UOMO A SE STESSO. Pascal scrisse molto opportunamente a questo proposito: “NON SOLO NON CONOSCIAMO DIO CHE PER MEZZO DI GESÙ CRISTO, MA NOI NON CONOSCIAMO NOI STESSI CHE PER GESÙ CRISTO. NOI NON CONOSCIAMO LA VITA, LA MORTE, SE NON PER GESÙ CRISTO. FUORI DI GESÙ CRISTO NOI NON SAPPIAMO CHE COSA È LA NOSTRA VITA, NÈ LA NOSTRA MORTE, NÈ DIO, NÈ NOI STESSI”.

Ed il Concilio Vaticano II afferma: ”IN REALTÀ SOLO NEL MISTERO DEL VERBO INCARNATO TROVA LUCE IL MISTERO DELL’UOMO. ADAMO, INFATTI, IL PRIMO UOMO, ERA FIGURA DI QUELLO FUTURO [RM. V,14) E CIOÈ CRISTO SIGNORE. CRISTO, CHE È IL NUOVO ADAMO, PROPRIO RIVELANDO IL MISTERO DEL PADRE E DEL SUO AMORE, SVELA PIENAMENTE L’UOMO ALL’UOMO E GLI FA NOTA LA SUA ALTISSIMA VOCAZIONE” (GS 22). Lo stesso Concilio precisa più avanti: ”L’UOMO AVRÀ SEMPRE IL DESIDERIO DI SAPERE, ALMENO CONFUSAMENTE, QUALE SIA IL SIGNIGICATO DELLA SUA VITA, DEL SUO LAVORO, DELLA SUA MORTE...MA SOLTANTO DIO, CHE HA CREATO L’UOMO A SUA IMMAGINE E CHE LO HA REDENTO DAL PECCATO, PUÒ OFFRIRE A TALI PROBLEMI UNA RISPOSTA PIENAMENTE ADEGUATA, E CIÒ PER MEZZO DELLA RIVELAZIONE COMPIUTA NEL CRISTO, FIGLIO SUO, FATTO UOMO. CHIUNQUE SEGUE CRISTO, L’UOMO PERFETTO, SI FA LUI PURE PIÙ UOMO” ( GS 41 ).

Anzitutto GESÙ CRISTO, uomo-Dio, è una RISPOSTA DI DIO che trascende e supera la stessa domanda dell’uomo, anzi GESÙ CRISTO RISPONDE ALL’UOMO PIÙ DI QUANTO QUESTI INTERROGHI.

In secondo luogo, GESÙ CRISTO è una RISPOSTA CRITICA ALLA DOMANDA DELL’UOMO. In CRISTO si trova la NOVITA' DI UNA RISPOSTA SINGOLARE e diversa, che richiede una MODIFICA DI MENTALITÀ, un certo SUPERAMENTO RADICALE del centro di gravità della vita. Così la realtà di GESÙ CRISTO assolve un RUOLO CRITICO per cui egli interroga e pone l’uomo stesso in questione.

Infine, GESÙ propone una NOVITÀ DI VITA, proprio come FIGLIO; offre all’uomo la PROPOSTA di una novità di vita consistente nel vivere umanamente secondo il suo SPIRITO FILIALE. Dinanzi al Cristo l’uomo viene a conoscere il suo proprio mistero, il mistero della sua persona, della quale nessuno può disporre, ma che ciascuno è chiamato a difendere nella giustizia e nel diritto.

CRISTO è, pertanto, la RISPOSTA LUMINOSA, definitiva al problema dell’uomo. Ciò che LUI è stato è quanto ogni uomo è chiamato a diventare. CRISTO è la PRIMIZIA e il PROTOTIPO dell’umanità. L’incontro sostanziale che in LUI si è registrato tra l’umanità e la divinità, attraverso l’incarnazione personale del Figlio, costituisce il MODELLO DELL’INCONTRO che Dio intende stabilire con ogni uomo. L’Incarnazione è, dunque, il coronamento, la realizzazione perfetta e totale di quel mirabile disegno che Dio ha concepito da sempre per l’umanità. Su questo mistero occorre appuntare continuamente lo sguardo se si vuole cogliere tutta la verità sull’uomo; infatti, SOLO CONOSCENDO L’UOMO PERFETTO, CRISTO GESÙ, SI COMPRENDE L’UOMO “COMUNE”, che è stato fatto “a sua immagine e somiglianza”.

Così, CRISTO diviene ”LA RISPOSTA FONDAMENTALE ED ESSENZIALE”, anzi "L’UNICA RISPOSTA ADEGUATA AL QUESITO: ”L’UOMO CHI È” . (RH, 7). Perciò per sapere chi è l’uomo bisogna, in definitiva , andare a CRISTO.

CRISTO è il CENTRO DEL COSMO E DELLA STORIA (RH, 1). ”IN REALTÀ SOLTANTO NEL MISTERO DEL VERBO INCARNATO TROVA VERA LUCE IL MISTERO DELL’UOMO” (GS, 22). ”IL FIGLIO...È L’UNICA VIA DELL’UOMO...” (GS, 14). L’affermazione centrale dell’antropologia cristiana è che l’uomo, immagine di Dio, non potrebbe ridursi ad una particella del cosmo, né ad un elemento anonimo della società. L’uomo, che può essere oggetto di misure quantitative e numeriche, è, al tempo stesso, unico, ineffabile, irrepetibile, eternamente eletto e chiamato per nome da Dio, in e come CRISTO. Gesù di Nazareth è, infatti, il CRITERIO ULTIMO E DEFINITIVO dell’annuncio profetico del teologo di fronte ad ogni umanesimo. Al centro del discorso antropologico-teologico-cristiano va collocato seriamente e radicalmente l’EVENTO-CRISTOCOME MODELLO, NORMA E FONTE DEI SUOI CONTENUTI”.

Giovanni Paolo II cita spesso la GS. E, difatti, questa costituzione presenta CRISTO come l’UOMO NUOVO, come la VERA RISPOSTA AL MISTERO DELL’UOMO (GS,22). CRISTO appare come la CHIAVE DELL’ENIGMA UMANO. ”CRISTO PROPRIO RIVELANDO IL MISTERO DEL PADRE E DEL SUO AMORE, SVELA ANCHE PIENAMENTE L’UOMO ALL’UOMO E GLI FA NOTA LA SUA ALTISSIMA VOCAZIONE” (GS, 22).

Quando con voce tremante di sacra emozione professiamo che il Verbo si è fatto carne, diciamo di credere che il progetto dell’uomo di essere Dio si è concretizzato, l’utopia del desiderio è diventata "topia" della realtà: l’incarnazione rappresenta la storicizzazione dell’essenziale e suprema aspirazione della natura umana. In Gesù Cristo l’uomo è approdato pienamente in Dio. Solo adesso trova pace il suo cuore inquieto. Perciò gli angeli possono cantare: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama. Quando davanti al presepio professiamo che il Verbo si è fatto carne, diciamo di credere che l’uomo è arrivato a Dio perché Dio per primo è arrivato all’uomo. E Dio è arrivato all’uomo perché nell’uomo c’era, già creata da Dio stesso, un’apertura infinita. L’uomo era un vuoto che attendeva di essere colmato. Ecco che con l’incarnazione di Dio l’apertura è stata totalmente riempita e il vuoto colmato. Così l’uomo è diventato Dio perché Dio è diventato uomo.

Il mistero dell’incarnazione viene a decifrare il problema umano. Il progetto di Dio è dunque farsi uomo. Duemila anni fa questo progetto è diventato realtà concreta. Dio possiede dunque un’umanità che, nel disegno divino, è eterna. L’umanità è espressione temporale del Figlio eterno. Dire che il Figlio si è fatto uomo non significa che il Figlio ha smesso di essere Figlio. Non significa neppure che il Figlio rimane Figlio e che l’umanità gli si è aggiunta come puro strumento di manifestazione e di azione. No, l’umanità di Dio non è un travestimento col quale Dio ci dà l’impressione di assumere la nostra condizione, ma in realtà continua a rimanere nella sua luce inaccessibile senza comunicarsi. Il fatto che Dio è diventato uomo esprime qualcosa di Dio stesso. Dice che egli si è fatto nostro prossimo, ha dato pienamente se stesso nella creazione e nel tempo.

In questo modo l’umanità di Gesù è veramente l’umanità di Dio e la divinità di Gesù è di fatto la divinità dell’uomo. Chi parla con Gesù parla con Dio, chi lo incontra, incontra Dio, chi lo ascolta e lo comprende, ascolta e comprende Dio. L’umanità di Gesù significa la presenza totale di Dio nel mondo, significa la dedizione totale dell’amore del Padre per l’uomo. Grande cosa dev’essere l’uomo perché Dio ha voluto essere uomo. Se l’uomo è la più grande comunicazione di Dio nella creazione, Gesù è il culmine della comunicazione di Dio nella storia. È per consentire la realizzazione del progetto di Dio che l’uomo è stato pensato e voluto dall’eternità e posto nel tempo con la creazione. Gesù Cristo, Dio e uomo, è il progetto divino totalmente realizzato. In verità il mistero di Cristo e il mistero dell’uomo non formano che un solo mistero, che si qualifica nel MISTERO DELLA FILIAZIONE. Il segreto dell’uomo è che l’amore di Dio lo avvolge, e che nell’uomo c’è più che l’uomo, e che l’uomo è amato e salvato dal Padre in Cristo. La chiave del mistero dell’uomo è che DIO, IN CRISTO, vuole generare nuovamente in ogni uomo UN FIGLIO.
 

 

5.2. – Nello specifico: cosa compie l’Incarnazione nei confronti del Cavaliere e della Dama dell’OESSG?

 

Per quanto paradossale possa sembrare, ciò che rende oggi attraente una vita da cattolici battezzati è semplicemente il suo porsi come una misteriosa attualizzazione del mistero dell’incarnazione. Il Battesimo inserisce ed incorpora il credente cattolico in Cristo e nelle sue tre dimensioni di sacerdote, re e profeta e lo costituisce alter Christus, totalmente di Cristo, come Lui totalmente per gli altri e per Dio nella carne del tempo!

Di fronte alla "notte del mondo" in cui siamo, nella quale – come osservava già M. Heidegger – la tragedia più grande non è tanto l’assenza di Dio, quanto il fatto che tanti sembrano non soffrire più di questa mancanza, si offre con nuova attualità la domanda di Hölderlin: «A che servono i poeti nel tempo della povertà?». La risposta di Heidegger è che essi servono a schiudere gli orizzonti, a segnalare la Patria. Forse, nella società complessa nella quale ci troviamo, in questo mondo senza segni veramente eloquenti, al cavaliere e alla dama dell’OESSG è dato di vivere il ruolo del poeta nel tempo del bisogno, e di viverlo nella maniera più alta: a prezzo della sua vita come il suo Signore, venuto nella carne per vivificare questa carne e divinizzarla, condividendone gioie e dolori, speranze e angosce.

Nei fini dello Statuto è scritto che l’Ordine Equestre del S. Sepolcro di Gerusalemme “è un mezzo fondamentale per gli aiuti alla Terra Santa”, il cui compito è quello “di sostenere ed aiutare le opere e le istituzioni culturali, caritative e sociali della Chiesa in Terra Santa”, “di zelare la conservazione e la propagazione della fede in quelle terre”, “di sostenere i diritti della Chiesa Cattolica in Terra Santa”.

Che cosa è la Terra Santa se non il ‘topos’, il luogo dove quell’evento, che ha sconvolto il mondo, è accaduto 2000 anni fa? Lì noi, Cavalieri e Dame, siamo tenuti ad operare, in quella terra che ha accolto nel suo seno il Dio-fatto-uomo, incarnato. Siamo onorati di farlo. E’ come se, attraverso di noi, quell’Incarnazione di 2000 anni fa continuasse e si protraesse nei secoli. Lì, in modo particolare, noi, per così dire, ci incarniamo nelle opere di carità. E di lì traiamo forza, incoraggiamento, ideali, invito ad incarnarci nell’ambiente familiare, lavorativo, ecclesiale e sociale, in cui viviamo, per attuare la nostra vocazione battesimale vivendo contro corrente, liberi dal nostro proprio calcolo e dal nostro proprio profitto. In una società, che è sempre più dominata dall’egoismo, dall’incomunicabilità e dalla paura degli altri, un’esistenza donata, giocata, da parte nostra, per un amore verso gli altri, appare come un’incarnazione attuale, sull’esempio e modello di quella di Cristo.

Il nostro vivere da incarnati nel tessuto connettivo della società in cui viviamo, proprio in conseguenza della nostra appartenenza speciale ad un ‘Ordine Cavalleresco’, ci consente di attuare una possibilità di rinascita, un segno di contraddizione sovversivo e liberante, come lo fu quella del Figlio eterno venuto nella carne per amore, soltanto per amore. Esistere per gli altri e scegliere la gratuità come orizzonte di vita rimandano al mistero dell’Altro fatto uno di noi e come noi, sono testimonianza del primato assoluto dell’eterno, è messaggio e riferimento luminoso, annuncio di un’alternativa possibile.

L’incarnazione non è solo il movimento dall’eternità al tempo, ma anche l’altrimenti impensabile possibilità del movimento opposto, quello capace di portare nel cuore di Dio il dolore e la morte degli uomini, le stagioni del tempo e le contraddizioni della storia. Come Cristo Incarnato, che si presenta quale incontro dell’uomo che va alla ricerca di Dio e di Dio che va alla ricerca dell’uomo e quale crocevia dove la strada discendente di Dio si interseca con la strada ascendente dell’uomo, così l’altissima vocazione dell’uomo si compie là dove l’uomo supera infinitamente l’uomo, cioè dove l’uomo diventa Dio. Il compito, che ci attende, è proprio questo: divinizzare il presente, l’ambiente di famiglia, di lavoro e di tempo libero nella ferialità della nostra esistenza.

Il voler-essere-uomo di Dio fonda il voler-essere-Dio dell’uomo. Il Dio che un giorno assunse il mondo facendosi uomo e creatura, non l’ha mai più abbandonato. Ogni giorno è Natale perché ogni giorno porta dentro di sé il Figlio di Dio incarnato. Egli è nella comunità dei fedeli, è nei suoi sacramenti, è nelle sue parole sacre, è nel cuore degli uomini di buona volontà, è in tutto il mondo in cammino verso la parusia. L’incarnazione si prolunga, il Verbo perpetua la sua azione nella storia, Gesù Cristo continua a nascere nella vita degli uomini. Lui si incarna e continua ad incarnarsi ogni qual volta che ci sono uomini e donne capaci, a loro volta, di incarnarsi, come lui, nella realtà storica umana in cui sono chiamati a vivere e a scrivere il loro pezzetto di storia.

 

 

 

 


 

Fonte :  testo cortesemente inviato alla redazione dal Relatore dell'incontro spirituale il Confratello Comm. Mons. Prof. Vincenzo Taiani  OESSG.

 

 

 

 

 

 


 

 

 

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