Ordine Equestre del  Santo Sepolcro di Gerusalemme

 

LUOGOTENENZA PER L'ITALIA MERIDIONALE TIRRENICA


 TERRA SANTA : Il Santo Sepolcro di Gerusalemme : la tomba vuota del Cristo , di Fabrizio Morea

prima pagina  

 

 

 

IL SANTO SEPOLCRO DI GERUSALEMME :

 

LA TOMBA VUOTA DEL CRISTO

 

 

di Fabrizio Morea

 

 

 

 

 

 

Da circa 2000 anni ormai milioni di pellegrini si recano a Gerusalemme, affrontando mille difficoltà e a volta mettendo a repentaglio la propria stessa vita per fermarsi a pregare pochi minuti in un sepolcro vuoto, il sepolcro che la tradizione vuole abbia accolto il corpo del Cristo dopo la sua crocifissione e che sia stato riempito dalla luce gloriosa della resurrezione.

Ma perché proprio questa tomba è stata identificata come il Santo Sepolcro, quali prove e quali indizi hanno portato a tale autentificazione? A questo interrogativo cercheremo di dare una risposta.

 

Per quanto riguarda la tomba originale, in cui Giuseppe di Arimatea depose il corpo di Gesù la sera della crocifissione nel 30, o meno verosimilmente nel 33, possediamo la testimonianza diretta dei soli Vangeli. E’ probabile che nessuno degli autori fosse presente agli eventi di quel giorno e, quindi, non deve stupire se i resoconti che essi forniscono non si accordano perfettamente tra loro. I testi dei vangeli sinottici (Matteo, Marco e Luca) descrivono la crocifissione e la sepoltura in termini più o meno simili, ma Giovanni è più dettagliato anche riguardo alla tomba stessa.  I racconti sono piuttosto brevi, tuttavia dobbiamo dare prima uno sguardo a queste informazioni se vogliamo farci una idea chiara intorno a questo sito.

 

 

                The site of Calvary today 

                                   Il luogo del Calvario oggi 

 

1.  

I vangeli chiamano questo luogo Golgota ("Golgotha" in aramaico; "Kranion" in greco, "Calvaria" in latino, dalla radice "calva" che indica un cranio pelato). Il nostro comune appellativo di "Monte" non è usato fino a quando, nel quarto secolo, la roccia della crocifissione fu isolata e apparve come uno spuntone alto circa sei metri. Viene invece chiamato semplicemente un "luogo". Un medesimo "luogo", chiamato Golgotha, indicava tanto il luogo dove la croce fu innalzata quanto la vicina proprietà rurale di Giuseppe di Arimatea.

 

"Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio…" (Mt 27,33)
"Condussero dunque Gesù al luogo del Gòlgota, che significa luogo del cranio " (Mc 15,22)
"Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra" (Lc 23,33)
"Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota" (Gv 19,17)



2. I Vangeli affermano anche che in quel luogo vi era un "giardino":


"Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino" (Gv 19,41)


 

3. Questo giardino del Golgotha era situato fuori di città, ma abbastanza vicino ad essa, tanto da permettere ai passanti di leggere l'indicazione della condanna (titulus) fatta scrivere da Pilato e collocata sulla croce:


"Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove fu crocifisso Gesù era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco" (Gv 19,20).

 

4. I vangeli affermano anche che presso al "Calvario" dove era stato crocifisso Gesù si trovava una tomba nuova scavata nella roccia:


"Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto" (Gv 19,41).
"Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia" (Mt 27,59).
"Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto" (Lc 23,53)

 

 

5. L'entrata della tomba fu chiusa con una pietra:


"Rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò" (Mt 27,60).
"Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù. Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole. Esse dicevano tra loro: "Chi ci rotolerà via il masso dall'ingresso del sepolcro?". Ma, guardando, videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto grande." (Mc 16, 1-4).
"Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro; ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù." (Lc 24,1-3).

 

 

6. I vangeli forniscono ugualmente una descrizione della camera interna della tomba:

"Maria invece stava all'esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù." (Gv 20,11-12)
"Entrando nel sepolcro (le tre donne), videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura". (Mc 16,5).

 

 

7. L'ultima informazione che traiamo dai Vangeli e quella che la tomba in cui fu posto Gesù apparteneva a Giuseppe di Arimatea:


"Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò." (Mt. 27,59-60).



Qui hanno termine le informazioni che si possono ricavare dai Vangeli sul luogo della crocifissione e della sepoltura del Signore. Guardando alla situazione attuale diventa ancora più difficile immaginarsi come il sito si presentasse quasi 2000 anni fa. Monumenti e costruzioni varie sono stati edificati sopra questo sito da pii cristiani e queste costruzioni hanno contribuito a trasformare radicalmente l'area originaria priva di costruzioni che era situata all'esterno delle mura della Gerusalemme del primo secolo.


Inoltre non si possono capire le trasformazioni subite da questo luogo senza tenere presenti le trasformazioni subite dall'intera città di Gerusalemme. Bisogna anche tenere in mente che, a partire dal quarto secolo, questo luogo è divenuto il punto focale dell'intera città, anzi, il punto focale della storia di tutta la Palestina dal momento che divenne la causa di molte e lunghe guerre combattute tra le potenze cristiane e musulmane. Possiamo però così sintetizzare i dati raccolti dai vangeli: la tomba si trovava fuori dalla città in una zona coltivata (giardino) ed era nel luogo, ovvero presumibilmente non lontana dal luogo, della crocifissione. Era la tomba di un uomo ricco, mai usata in precedenza, appena scavata nella roccia e chiusa da una grande pietra che si poteva rotolare verso o contro, cioè di fianco all’ingresso. Per guardare nella tomba era necessario chinarsi, fatto che suggerirebbe una porta bassa. All’interno vi era un ambiente in cui vi era spazio per almeno cinque persone, due delle quali potevano sedere. Sul lato destro era possibile sedersi dove era stato deposto il corpo di Gesù.

 

 

                      The bare rock of Calvary 

      La nuda roccia del calvario scoperta negli scavi dei Greci ortodossi (luogo della crocifissione del Signore)

 

Questi pochi “fatti” sono più o meno tutto ciò che è possibile ricavare dai racconti dei vangeli. Ciò che risulta evidente è che tali versetti sono compatibili con le conoscenze esistenti sulle pratiche funerarie a Gerusalemme nel I° secolo. Per una migliore comprensione della topografia di questo sito occorre servirsi degli studi archeologici dettagliati condotti dal padre Virgilio Corbo ofm, recentemente scomparso (le sue ricerche sono pubblicate dalla Franciscan Printing Press di Gerusalemme in un'opera in tre volumi che si intitola: "Il Santo Sepolcro di Gerusalemme", Jerusalem, 1981-1982). Padre Corbo fu la persona incaricata della ricerca archeologica in varie aree del monumento, una ricerca che fu portata a termine gradualmente a motivo della complessità dell'edificio.


Noi, oggi, non possiamo vedere l'intera roccia del calvario, e neppure quella della Tomba, siamo però in grado, grazie alle sue ricerche, di farci una idea abbastanza esatta della topografia del luogo.

In origine l’area su cui oggi sorge la Basilica del Santo Sepolcro era una cava. Questa enorme cava che fornì la pietra, per la costruzione degli edifici della città antica fu smessa nel primo secolo a.C. ed allora l'area fu riportata ad orto ricolmando gli anfratti con le terre che erano state accantonate ai margini. Nacque così l'orto del Golgota ricordato dai vangeli. Nelle alte pareti rocciose della cava furono scavate delle tombe, una delle quali è quella popolarmente nota come "tomba di Giuseppe di Arimatea".

I dati archeologici mostrano che la tomba di Gesù fu ricavata in un pilastro isolato di questa cava. Il proprietario (all'epoca della crocifissione, Giuseppe di Arimatea) aveva iniziato la preparazione di una tomba famigliare in questa roccia sporgente. La tomba nuova possedeva una bassa apertura (ci si doveva quasi inginocchiare per potervi passare), chiusa mediante una grossa lastra. Al di là dello stretto passaggio ci si trovava in un vestibolo conducente alla camera funeraria. Qui un solo banco era stato scavato nel lato settentrionale della camera funeraria (sul lato destro di chi entrava).

 

 

          

 

 

Il problema forse è che una tale tomba è troppo semplice: sono infatti comuni banconi su più di un lato, nicchie rettangolari lunghe e strette o loculi e camere multiple. L’assenza di tali caratteristiche potrebbe essere dovuta alla brevità dei racconti dei vangeli, esse potrebbero non essere menzionate perché irrilevanti, ma questo non vuol dire che non fossero presenti. Tuttavia in una tomba nuova, forse non erano previste. Solo col tempo sarebbero state necessarie delle aggiunte e le tombe gerosolimitane più elaborate sono chiaramente il prodotto di più generazioni successive. D’altronde è probabile che Giuseppe di Arimatea intendesse portare a compimento la sua tomba familiare scavando altri due banchi sui lati di ovest e di sud, ma gli avvenimenti della Settimana Santa hanno sconvolto tutti i suoi piani. Oppure i banchi su questi due lati erano effettivamente presenti ma furono in seguito murati. Da un esame effettuato risulta infatti che le pareti ovest e sud del sepolcro presentano uno spessore maggiore rispetto alla parete nord (a destra dell’entrata) con il banco su cui fu deposto il corpo di Gesù. Si potrebbe anche supporre che il riferimento al lato destro indichi proprio la presenza di panche su più lati, infatti in caso contrario non sarebbe stata necessaria la specificazione.

 

I Vangeli affermano che la crocifissione e la sepoltura di Gesù ebbero luogo fuori dalle mura cittadine ed in effetti l'orto del Golgota restò fuori della città sino ad Agrippa I (41-44 d.C.) quando con la costruzione del terzo muro, inglobò tutta la zona del Golgota nel nuovo perimetro cittadino. Quegli anni, e i seguenti, furono anni di disturbi civili in gran parte dovuti all'arroganza e incompetenza dei procuratori romani inviati a governare il territorio. Il popolo giudaico desiderava riconquistare la libertà dai Romani. Durante questo periodo la Chiesa Madre di Gerusalemme, con la sua sede al Sion, poteva visitare il sito del Giardino del Golgota e celebrarvi la "Memoria" dei grandi eventi della Crocifissione, Morte e Risurrezione del Signore.

A causa dei disordini interni alla città che precedettero la prima Rivolta Giudaica (66 d.C.) i membri della Chiesa Madre fuggirono da Gerusalemme e si rifugiarono nella città di Pella della Decapoli, che si trova al di là del fiume nella parte settentrionale della Valle del Giordano.

La prima Rivolta Giudaica terminò in un bagno di sangue e nella distruzione del magnifico Tempio di Gerusalemme da parte delle legioni romane. In seguito i giudeo-cristiani ritornarono nella città per ricongiungersi con i gentilo-cristiani della Chiesa Madre stazionati sul Sion. Ma la situazione nella città dovette rimanere tesa e incerta. La città era ora custodita dalla X Legione, che nel 116 d.C. intervenne nuovamente per spegnere il fuoco della ribellione che scoppiò definitivamente nel 133 d.C. Quest'ultima esplosione è conosciuta come la Seconda Rivolta Giudaica, condotta da Simone Bar Kokheva. Si giunse così ai successivi drastici interventi che interessarono il tessuto architettonico dell'intera città.

Con la sottomissione totale dei rivoltosi di Bar Kokhba, Gerusalemme fu completamente rasa al suolo. Ad impedire qualunque risorgimento di nazione giudaica Adriano pensò di realizzare una nuova città, dove tutti i ricordi antichi fossero cancellati. Ma una comunità cristiana, totalmente composta di gentilo-cristiani (cioè di non ebrei) continuò a vivere in Gerusalemme assicurando così la continuità nell'identificazione dei luoghi sacri (il primo vescovo di questa comunità si chiamava Marco).

Adriano instaurò una nuova topografia della città, d'impostazione ellenistica, e la chiamò "Èlia Capitolina" ("Èlia" in suo onore e "Capitolina" perché era destinata a contenere un Campidoglio per gli dèi romani). In questa nuova città il sito dell'orto del Golgota venne a trovarsi proprio al centro della città. Alcuni autori sostengono che proprio l'area di questo Giardino divenne il Campidoglio della nuova città, con altari dedicati ai tre massimi dèi di Roma - Giove al centro, fiancheggiato da Giunone e Minerva. Altri, rimandando alle notizie contenute negli scritti di Eusebio di Cesarea, ritengono che il tempio fosse invece dedicato ad Afrodite. Ambedue le scuole di pensiero convengono che un tempio pagano fu eretto sul luogo.

Abbiamo due fonti letterarie cristiane che ci fanno capire come l'orto del Golgota sparisse sotto la mole degli edifici dei Capitolium. Le informazioni più diffuse le abbiamo dallo storico Eusebio di Cesarea (265-340 d.C.) nella Vita di Costantino:


"E’ questa Grotta salvifica che alcuni atei ed empi avevano pensato di fare scomparire dagli (occhi degli) uomini, credendo stoltamente di nascondere in tal modo la verità. E così con grande fatica vi avevano scaricato della terra portata da fuori e coperto tutto il luogo; lo avevano poi rialzato e pavimentato con pietre nascondendo così la divina Grotta sotto quel grande terrapieno. Quindi, come se non bastasse ancora, avevano eretto sulla terra un sepolcreto veramente fatale per le anime edificando un recesso tenebroso a una divinità lasciva, Afrodite, e poi offrendovi libagioni abominevoli su altari impuri e maledetti. Perché solo così, e non altrimenti, pensavano che avrebbero attuato il loro progetto, nascondendo cioè la Grotta salvifica con simili esecrabili sporcizie. (III, XXVI).


 

Il tempio di Adriano fu costruito secondo un asse est-ovest ed era circondato da un Temenos (un muro protettivo la cui facciata era sul Cardo massimo, da dove si entrava nel sacro recinto). S. Girolamo, in una lettera a Paolino, nel 135, dice:


"Dal tempo di Adriano fino all'impero di Costantino, per la durata di circa 180 anni, la statua di Giove era venerata sul luogo della Risurrezione, mentre sulla roccia della croce era stata eretta dai gentili una statua in marmo di Venere. Nelle intenzioni degli autori delle persecuzioni la nostra fede nella risurrezione e nella croce sarebbe caduta in seguito alla loro profanazione con idoli di questi luoghi santi.".

 

Da queste antiche descrizioni, che sono state confermate dalla ricerca archeologica condotta nell'area, veniamo a sapere che la costruzione di questo tempio pagano di Èlia aveva provocato la trasformazione del primitivo sito giudeo-cristiano in un luogo pagano, fissando il culto di Giove sulla tomba del Signore e quello di Venere sul Calvario. Tale situazione si protrasse per circa 180 anni, come dice lo stesso S. Girolamo.

 

 

                    Remains of the Temenos

           Resti del Temenos del tempio fatto costruire da Adriano adiacenti al Santo Sepolcro.

 

 

Nel 325, durante il concilio di Nicea, il vescovo di Gerusalemme, Macario, invitò l'imperatore Costantino a distruggere i templi pagani costruiti sopra i luoghi santi cristiani nella Città Santa. L'imperatore, che era anche pontefice massimo della religione pagana e ormai forte nella sua posizione di dominio su tutto l'Impero, decretò la demolizione dei templi pagani edificati sui luoghi sacri cristiani.

A parte lo sgombero di tutta l'area dai templi pagani, il lavoro comportò ugualmente uno scavo del riempimento accumulato da Adriano per ottenere il livellamento dell'area del Giardino. Ancora una volta lasciamo che Eusebio descriva i fatti:


" E quando, (rimosso) elemento dietro elemento, apparve l’area al fondo della terra, allora contro ogni speranza appariva anche tutto il resto, ossia il venerando e santissimo testimonio della Risurrezione salvifica, e la Grotta più santa di tutte riprendeva la stessa figura della risurrezione del Salvatore. Essa quindi, dopo essere stata sepolta nelle tenebre, tornava di nuovo alla luce, e a quanti andavano a vederla lasciava scorgere chiaramente la storia delle meraviglie ivi compiute, attestando con opere più sonore di ogni voce la risurrezione del Salvatore." (III,XXVIII).

 

Con grande gioia la Chiesa di Gerusalemme assistette alla liberazione del sito dai templi pagani e dai loro resti. Un nuovo progetto architettonico fu preparato dagli architetti di Costantino. E doveva essere un monumento degno del santuario che intendeva ricoprire:


"L’imperatore diede subito pie disposizioni legali e larghi finanziamenti ordinando di costruire intorno alla Grotta salvifica una casa di preghiera degna di Dio con una magnificenza sontuosa e regale, (e fece ciò) come se l’avesse programmato da lungo tempo e avesse visto con molto anticipo il futuro. Ordinava dunque ai capi delle Province orientali di far sì, con finanziamenti larghi e generosi, che l’opera riuscisse qualcosa di singolare, di grandioso e magnifico." (
Vita di Costantino III, XXIX)


Non abbiamo dati specifici sul perché Macario abbia scelto questo luogo per cercare la tomba di Gesù. Si è supposto che egli si sia basato su una tradizione tramandata dalla comunità cristiana di Gerusalemme. Talvolta si è sostenuto che la sua scelta apparentemente in forte contrasto con i racconti dei Vangeli, si ricordi che negli scritti del Nuovo Testamento la crocifissione è descritta fuori dalla cerchia muraria della città mentre Macario scavò all’interno delle mura, costituisca un potente argomento a favore della sopravvivenza di una precisa conoscenza topografica della localizzazione dei siti della crocifissione e della sepoltura, dopo la loro scomparsa sotto le strutture adrianee del 135.

In realtà già nel testo del sermone di Peri Pascha di Melitone di Sardi scritto intorno al 160 d.C., quindi due secoli prima dell’inizio degli scavi di Macario, dopo la descrizione della morte di Gesù, Melitone chiede: “E dove fu ucciso?”, e risponde:”al centro di Gerusalemme”.

L’enfasi posta da Melitone nel localizzare il sito delle crocifissione al centro di Gerusalemme si può probabilmente spiegare solo ipotizzando che egli avesse appreso che il sito era a quel tempo ritenuto al centro della città, e sicuramente essendo un biblista doveva essere al corrente del fatto che il Vangelo secondo Giovanni, da lui sicuramente utilizzato, collocava la crocifissione fuori della città (19,20), che ciò era sottointeso dagli altri Vangeli, e che perciò questi racconti erano in contrasto con il luogo da lui scelto.

Le parole di Melitone alla riga 704 suggeriscono una localizzazione più precisa. Il testo greco sembra infatti specificare “in mezzo alla strada” o meglio “strada larga, strada principale”. In epoca ellenistico-romano tale termine indicava il cardo di una città ed il cardo colonnato di Gerusalemme passa proprio immediatamente ad est della Basilica del Santo Sepolcro.

Ma il riferimento a questa “strada” lo ritroviamo ancora in un testo ben più significativo scritto intorno al 90 d.C.. Nell’Apocalisse di San Giovanni i corpi di due testimoni “giaceranno nella strada della grande città che si chiama allegoricamente Sodoma ed Egitto, dove il loro Signore è stato crocifisso” (11,8).

Se il testo non è stato alterato in seguito per adattarsi alla situazione successiva al 135, la frase sembra far risalire la tradizione delle localizzazione del sito alla fine del I secolo, al momento in cui fu scritta l’Apocalisse, quando il luogo della crocifissione si trovava già entro il terzo muro eretto nel 41-44.

Ci sono però ancora tre problematiche da affrontare che emergono dalle parole di Eusebio nella Vita Costantini: perché la scoperta della tomba fu una sorpresa, che cosa venne trovato e cosa fu fatto.

Macario, vescovo di Gerusalemme (314-333), ebbe forse un ruolo dominante, poiché fu lui a chiedere all’imperatore in persona a Nicea, nel giugno/luglio del 325 “il permesso di distruggere il tempio di Venere per cercare la tomba del Cristo”. Dopo la rimozione della colmata che ricopriva il sito, comparve immediatamente la grotta, ossia la tomba, “contrariamente a ogni aspettativa, in modo assolutamente insperato” (Vita Costantini 3,28).

Perché tanta sorpresa? Il punto di riferimento in un certo senso visibile e indicabile era il Golgota ed i Vangeli affermano chiaramente che il luogo della crocifissione e della sepoltura non erano distanti. Nondimeno, la tomba era scomparsa per quasi duecento anni e Macario e Eusebio probabilmente avevano poche ragioni per supporre che essa fosse sopravvissuta e che si potesse trovare.

 

 

        

 

 

Ma cosa venne trovato? Eusebio e Cirillo (vescovo di Gerusalemme, 351-386) non forniscono che pochi particolari. Eusebio dice solo che fu trovata una grotta, non racconta nient’altro sul suo aspetto. E’ Cirillo, al momento della scoperta ancora un ragazzo, a dare maggiori dettagli nelle sue Catechesi pronunciate tra il 348 e il 350.

In origine c’era una roccia esterna scavata davanti all’ingresso del sepolcro. Questo spazio scavato davanti alla tomba era presumibilmente una corte, totalmente o parzialmente a cielo aperto, o un’anticamera scavata nella superficie della roccia. E’ una caratteristica largamente diffusa nelle tombe ebraiche del periodo precedente al 70 e Cirillo stesso aggiunge che essa era comune davanti alle tombe dell’area. La pietra che chiudeva la tomba si trovava ancora davanti all’ingresso ed egli afferma inoltre che si potevano vedere ancora le tracce del giardino in cui era situata la tomba.

Eusebio saluta la grotta appena scoperta come “l’augusta e santissima testimonianza della Resurrezione del nostra Salvatore”. Egli però non spiega le ragioni di questa decisa affermazione. Era ovvio che questa fosse la Tomba dei Vangeli? E se si perché?

Alcuni studiosi hanno supposto che tra le varie tombe scoperte, questa apparentemente si conformasse al tipo descritto nei Vangeli e, essendo vicina alla roccia identificata col Golgota, fosse immediatamente considerata la tomba autentica. Quest’ipotesi, forse corretta, potrebbe però non essere l’unica. Nel periodo intercorso tra la crocifissione e il 135, la tomba probabilmente rimase accessibile e, in particolare prima del 70, fu forse evidenziata in qualche modo, con graffiti incisi o dipinti, ancora leggibili nel 325/326, che non lasciarono dubbi a coloro che effettuarono l’identificazione. Proprio i graffiti, ad esempio, sono la più antica testimonianza per l’identificazione della tomba di San Pietro nel cimitero Vaticano.

Altri ricercatori però confutano tale ipotesi in quanto tra i molti risultati ottenuti non è stata trovata alcuna epigrafe di pellegrini. Ma proprio questa apparente lacuna è a sua volta un indizio a favore dell'autenticità dell'antichissima tradizione del luogo. Nei primi decenni del cristianesimo primitivo, quando ancora vivevano le generazioni dei testimoni oculari, non c'era alcun interesse alla venerazione particolare di determinati luoghi. Il Sepolcro vuoto di Cristo era appunto vuoto, il Signore era risorto. Ciò era noto e così ovvio, che neanche una volta Paolo sottolinea questo fatto. Nelle sue Lettere ciò viene semplicemente presupposto. Nella prima Lettera ai Corinti egli esorta i suoi interlocutori ad interrogare i testimoni oculari del Risorto, nel caso che ancora avessero qualche dubbio; ma in nessun passo c'è un invito a recarsi a Gerusalemme e a visitare il Sepolcro vuoto.

 

Ma grazie alla ricerca archeologica effettuata sull’area del Golgota negli ultimi anni, si sono registrate delle novità. La scoperta più originale e forse anche più sorprendente riguarda proprio ciò che invece manca presso il Sepolcro: una epigrafe di pellegrini. Naturalmente non la si è rinvenuta nella parte centrale della roccia - perché questa era stata parzialmente asportata da Adriano e ricoperta da un tempio. Ma la roccia del Golgota è una vasta area. Alcune parti di essa si trovano ancora oggi ad esempio sotto la chiesa protestante del Redentore, nel quartiere Muristan. E in uno dei versanti all'interno dell'area dell'odierna chiesa del Sepolcro, nella cosiddetta cappella di san Vartan, degli archeologi armeni hanno scoperto l'epigrafe in latino di un pellegrino cristiano: il disegno inciso nella pietra di una nave con l'albero rovesciato e la scritta sottostante "Domine ivimus", "Signore, siamo arrivati"; un riferimento al Salmo 121, 1: "In domum Domini ibimus", "Andiamo alla casa del Signore". Qui dunque erano giunti dei pellegrini, ma non poterono raggiungere la parte centrale della roccia, poiché su di essa c'era il tempio di Adriano. Così essi realizzarono disegno e iscrizione un po' più in là, ma pur sempre nell'area della roccia del Golgota. E questo deve essere successo tra il 135 ed il 326, cioè negli anni in cui il vero luogo della crocifissione era inaccessibile. Ed anche questo conferma a sua volta quanto la tradizione del luogo sia stata conservata con tenacia e con precisione attraverso i decenni e i secoli.

Ma la scoperta più sensazionale sul Golgota è recentissima e non è ancora stata valutata in modo definitivo: si tratta del dissotterramento dell'intera parte superiore della roccia nella cappella greco-ortodossa del Golgota da parte dei due archeologi ed architetti greci, George Lavas e Saki Mitropoulos, iniziato alla fine del 1991. Durante la pulizia della roccia i due constatarono che sotto le lastre di marmo della cappella greco-ortodossa del Golgota si trovava uno strato di malta di calce rotondo, dello spessore di 50 centimetri, rimasto evidentemente intatto da secoli. Cautamente essi lo asportarono e vi scoprirono nel mezzo una cavità rotonda, nella quale si trovava un anello di pietra di quasi 11 centimetri di diametro. Non c'era alcun dubbio che l'anello serviva al fissaggio di una croce. Si infilava la croce nell'incavo, attraverso l'anello fino ad incastrarvela, per poterla poi innalzare. Era questo l'anello della croce di Cristo? Nel corso dei lavori dei due archeologi greci si è pervenuti ad un'ulteriore conferma dell'autenticità di questa roccia del Golgota. Sotto la malta di calce ora rimossa è emersa per tutta la roccia fin sotto alla Cappella di Adamo una frattura. Gli scettici, sulla base della parte inferiore della roccia, l'unica prima visibile, avevano finora creduto che si trattasse di un difetto naturale della roccia. Ora invece è sicuro che la frattura è stata causata da un evento naturale di particolare impatto. Georg Lavas e Saki Mitropoulos sono sicuri che si tratti della conseguenza del terremoto menzionato nel Vangelo di Matteo. Lì è scritto (27, 52), nel racconto di ciò che seguì immediatamente alla morte in croce di Gesù: "La terra si scosse, le rocce si spezzarono".

 

 

          

 

 

Cosa fu fatto alla tomba così scoperta? L’anticamera venne eliminata e, per poter erigere l'imponente blocco dei cinque edifici che costituirono la prima Basilica del Santo Sepolcro, Costantino fu costretto a sbancare ulteriormente la sella rocciosa dei Gareb sia verso nord che verso ovest. Così la tomba di Gesù che era stata scavata in una parete rocciosa della sella, venne completamente isolata da questa e posta al centro di un vasto spazio sul quale sorse il grandioso mausoleo che fu chiamato l'Anastasis (Risurrezione) e racchiusa in una preziosa edicola. Lo sperone del Golgota, che già dai tempi della Passione era ritagliato sui fianchi di nord e di ovest, fu ulteriormente tagliato dagli architetti di Costantino sui lati di est e di sud per essere inquadrato nel Triportico a ridosso della basilica dei Martyrium.

 

 

                   

 

 

Il sepolcro purtroppo non è giunto intatto fino ai nostri giorni. La Basilica costantiniana rimase sostanzialmente inalterata anche dopo la conquista araba della città nel 638, ma non fu altrettanto fortunata nel 1009. In quell’anno il califfo Fatimide d’Egitto, al-Hakim bi-Amr Allah (996-1021) ordinò a Yaruk, governatore di Ramla “di demolire la chiesa della Resurrezione, di rimuovere i suoi simboli e di eliminarne ogni traccia e memoria”. Ora però mentre la basilica venne in gran parte demolita, ben tre fonti dell’epoca: una araba Yahya nella sua Storia e due cristiane, Ademaro nel suo Chronicon e Rodolfo il Glabro in Storia, testimoniano, in maniera indipendente ma compatibile tra di loro, che la tomba scavata nella roccia non fu completamente distrutta ma che molte parti di essa sopravvissero.

Iniziamo con Yahya, egli scrive che il figlio di Yaruk e due associati “si impossessarono di tutto l’arredamento che vi si trovava e rasero al suolo la chiesa, tranne ciò che era impossibile distruggere e difficile da estrarre e portare via”.

Ademaro di Chabannes, che scrive ad Angouleme nel 1028/1029, riporta nel Chronicon le parole di Raoul de Couhé, vescovo di Périgueux, al suo ritorno da Gerusalemme nel 1010: “quando non riuscirono in nessun modo a ridurre in macerie la tomba, ricorsero a un gran fuoco, ma essa, come un diamante, rimaneva immobile e intatta”.

Rodolfo il Glabro fornisce un secondo e indipendente resoconto occidentale  della distruzione, derivato forse da Ulrico, vescovo di Orléans (1021-1035), che era a Gerusalemme probabilmente nel 1027. Secondo il suo racconto gli inviati di al-Hakim usarono mazze di ferro per demolire la struttura cava della tomba, ma fallirono nel loro tentativo.

 

Quello che accadde in seguito, siamo giunti a ridosso di quella che sarà la grande epopea delle crociate, non rientra nelle intenzioni di questo breve scritto, nostra intenzione era di soffermarci sulle motivazioni che posso spingerci ad affermare che, anche se non abbiamo la certezza assoluta che la Basilica del Santo  Sepolcro custodisca la vera tomba di Cristo, gli indizi basati sulla tradizione e confermati dalle ricerche archeologiche e topografiche rilevano che questo luogo e nessun altro contiene in sé tutte le caratteristiche necessarie per essere considerato quello che più verosimilmente vide il dramma della crocifissione e la gloria della resurrezione.

 

 

 

 

 

 

 


 

BIBLIOGRAFIA

 

- Martin Biddle, Il mistero della tomba di Cristo.

- Virgilio Corbo, Il Santo Sepolcro di Gerusalemme.

- Virgilio Corbo e Stanislao Loffreda, Il Santo Sepolcro di Gerusalemme, Aspetti Archeologici dalle origini al periodo crociato.

- Tom Powers, The Church of the Holy Sepulcher, Some perspectives from history, geography, architecture, archaeology and the New Testament.

- Cirillo, Catechesi.

- Eusebio, La vita di Costantino.

- I Vangeli

- www.christusrex.org 

 

 

 


Fonte: si ringrazia l'Autore il Cav. Dott. Fabrizio Morea che ha cortesemente inviato il suo scritto alla Redazione del Portale OESSG - Luogotenenza per l'Italia Meridionale Tirrenica.

 

 

 

 

 


 

 

 

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