Ordine Equestre del  Santo Sepolcro di Gerusalemme

 

LUOGOTENENZA PER L'ITALIA MERIDIONALE TIRRENICA


  CULTURA E SPIRITUALITA' : Il Cavaliere del Santo Sepolcro di Gerusalemme solidale con la Chiesa per la realizzazione di una parità economico-sociale del paese Italia , di Mons. Vincenzo Taiani

prima pagina  

 

 

IL CAVALIERE DEL SANTO SEPOLCRO DI GERUSALEMME

SOLIDALE CON LA CHIESA

PER LA REALIZZAZIONE DI UNA PARITA’ ECONOMICO-SOCIALE DEL PAESE ITALIA

 

relazione del

Comm. Mons. Prof. Vincenzo Taiani

 

    Beato Bartolo Longo

Cavaliere del Santo Sepolcro di Gerusalemme ,

     Fondatore del Santuario di Pompei , in preghiera con il rosario .

Knight of the Equestrian Order of the Holy Sepulchre of Jerusalem 

 

Luogotenenza Italia Meridionale Tirrenica

Sezione di Salerno

 

Incontro spirituale di preghiera, di ascolto della Parola e di meditazione

 

Cava de' Tirreni, Venerdi 30 Settembre 2011

 

presieduto dal Delegato di Cava de' Tirreni-Amalfi

 Cav. di Gran Croce Dir.Gen. Giuseppe Raimondi

 

 

 

relatore il Comm. Mons. Prof. Vincenzo Taiani

 

IL CAVALIERE DEL SANTO SEPOLCRO DI GERUSALEMME

SOLIDALE CON LA CHIESA

PER LA REALIZZAZIONE DI UNA PARITA’ ECONOMICO-SOCIALE DEL PAESE ITALIA

 

 

 

I. - PREMESSA

 

 

A. – LE DOMANDE INIZIALI

 

Il tema che stiamo per affrontare ci viene suggerito dal Documento dalla C.E.I. “Per un Paese solidale. Chiesa Italiana e Mezzogiorno” datato in Roma il 21 febbraio 2010, prima Domenica di Quaresima, stampato da Ancora Arti Grafiche, Milano 2010, e pubblicato dalle edizioni Paoline. Con esso la CEI intende celebrare il ventennio dalla pubblicazione di un altro documento “Sviluppo nella solidarietà. Chiesa Italiana e mezzogiorno” del 18 ottobre 1989, che richiamava, a sua volta, a distanza di 40 anni, la lettera collettiva dell’Episcopato dell’Italia meridionale del 25 gennaio 1948 dal tema: “I problemi del mezzogiorno”. Il documento è il frutto di un cammino di riflessione e di condivisione promosso dai Vescovi delle diocesi meridionali e condiviso da tutto l’episcopato italiano, confluito nel Convegno Chiesa nel Sud, Chiese del Sud, celebrato a Napoli il 12-13 febbraio 2009, con l’apporto qualificato delle Facoltà teologiche e dei centri di studio meridionali.

Prima di entrare nel merito del documento e proprio perché esso intende dare delle risposte, aprire delle prospettive, significare delle speranze all’interno del problema, che affligge da anni il Mezzogiorno d’Italia, seguendo l’input iniziale del documento CEI, che intitola il n. 1 ‘la Chiesa in Italia e la questione meridionale’, occorre precisare e premettere due considerazioni fondamentali, che altro non sono che due domande spontanee dell’animo:

Occorre allora rispondere a queste due domande prima di inoltrarci nell’interno del Documento citato.


 

B. – LE RISPOSTE IMMEDIATE

 

Ad 1.

 

La chiesa ha tutto il diritto di far sentire la sua voce anche in merito all’aspetto socio-politico dei suo fedeli. La salvezza che ci ha guadagnato Cristo, e quindi la missione della Chiesa, riguarda l’uomo nella sua integrità e totalità di anima e corpo: sia come singolo che come persona inserita nella società. Per questa ragione, quando la Chiesa propone la sua dottrina sociale, non solo non si scosta dalla sua missione, ma la compie fedelmente. Del resto, l’evangelizzazione non sarebbe autentica, se non tenesse conto del rapporto tra il Vangelo e l’azione, sia a livello individuale che sociale.

La Chiesa vive nel mondo ed è logico, e necessario, che si rapporti con esso in modo adeguato, rispettando la struttura e la finalità delle diverse organizzazioni umane. Pertanto la Chiesa ha la missione, che è anche un diritto, di occuparsi dei problemi sociali; e quando lo fa «non può essere accusata di oltrepassare il suo campo specifico di competenza e, tanto meno, il mandato ricevuto dal Signore». Lo afferma Giovanni Paolo II nell’Enciclica Sollicitudo rei socialis (30-XII-1987, 8), nel Discorso a Puebla (III), nell’Encicica Redemptoris hominis (4-III-1979, 15) e, prima di lui, Paolo VI nell’Esortazione Aposica Evangelii nuntiandi 8-XII-1975, 29 e 30); lo riafferma il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa (64 e 71). Missione della Chiesa in questo ambito non è soltanto di proporre norme etiche, ma anche di mostrare la dimensione evangelica della vita sociale, secondo la verità tutta intera sull’uomo, di insegnare i comportamenti coerenti con tale verità e di incoraggiare a viverli. Tra vita cristiana e promozione umana c’è una stretta relazione: un nesso antropologico, un vincolo teologico e un dovere di carità. Una tale armonia non crea confusione: il fine della condotta cristiana è l’identificazione con Cristo che porta la vera liberazione, la liberazione dal peccato, che esige l’impegno per le altre liberazioni. Questa distinzione garantisce l’autonomia delle realtà terrene.

Gli insegnamenti del Magistero in questo campo non si estendono, pertanto, agli aspetti pratici, né propongono soluzioni per l’organizzazione della società, questo non fanno parte della sua missione. Questi insegnamenti mirano soltanto alla formazione delle coscienze; non ostacolano l’autonomia delle realtà terrene. Pertanto la Chiesa ammette ogni sistema sociale in cui si rispetta la dignità umana. I fedeli, da parte loro, debbono accogliere gli insegnamenti del Magistero in materia sociale con l’adesione della intelligenza, della volontà e delle opere (cfr. Lc 10, 16; Catechismo, 2032 e 2037). La religione e la politica sono due ambiti diversi ma non separati, perché l’uomo religioso e il cittadino sono la stessa persona con impegni sia religiosi che sociali, economici e politici. È necessario, tuttavia, che «imparino i fedeli a distinguere accuratamente fra i diritti e i doveri, che loro incombono in quanto sono aggregati alla Chiesa, e quelli che loro competono in quanto membri della società umana. Cerchino di metterli in armonia fra loro, ricordandosi che in ogni cosa temporale devono essere guidati dalla coscienza cristiana, poiché nessuna attività umana, neanche in materia temporale, può essere sottratta al dominio di Dio. Nell’epoca nostra è sommamente necessario che questa distinzione e nello stesso tempo questa armonia risplendano nel modo più chiaro possibile nella maniera di agire dei fedeli» recita il Concilio Vaticano II, nella Costituzione Lumen gentium, n. 36 (Cfr. Catechismo, 912). Si può dire che in queste parole si riassume il modo in cui i cattolici devono vivere l’insegnamento del Signore: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt 22, 21). In alcune materie (chiamate questioni miste), sia lo Stato che la Chiesa debbono intervenire in base alle loro rispettive competenze e finalità: sono l’educazione, il matrimonio, le comunicazioni sociali, l’assistenza ai bisognosi. Per queste materie è particolarmente necessaria la collaborazione, in modo che ognuno possa adempiere la propria missione senza impedimento da parte dell’altro.

E’ in gioco la DOTTRINA SOCIALE della Chiesa. Questa nasce dalla consapevolezza che la chiesa ha di rappresentare una concezione cristiana e cattolica della vita sociale e di assumere il compito di affermare l'esistenza di un modo diverso di considerare la persona umana, la ragione, la famiglia, la società e lo Stato. È compito della Chiesa affermare con chiarezza e sostenere con forza quella visione dell'uomo e della realtà, radicata addirittura nella Rivelazione divina in Cristo. La DSC è il più serio tentativo della presenza missionaria della Chiesa. Essa si radica nella specifica missione evangelizzatrice della Chiesa e costituisce strumento imprenscindibile e parte integrante della “nuova evangelizzazione”. I principi di riflessione, le direttive d'azione, i criteri di giudizi contenuti nella DSC non appartengono al campo ideologico delle elaborazioni, teorie o sistemi socio-politici; e non forniscono soluzioni tecniche ai problemi sociali di ogni tempo e luogo. Essa consiste, insegna Papa Giovanni Paolo II, nella “accurata formulazione dei risultati di una attenta riflessione sulle complesse realtà dell'esistenza dell'uomo e della società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale. Suo scopo principale è di interpretare tali realtà, esaminandone la conformità o la difformità con le linee dell'insegnamento del Vangelo sull'uomo e sulla sua vocazione terrena e insieme trascendente: per orientare, quindi, il suo comportamento cristiano” (Sollicitudo rei socialis, 41). Quindi la Chiesa ha il dovere e il diritto di intervenire, relativamente alla sua competenza, nelle questioni sociali, nella quali si agita l’uomo, e dire la sua parola ispirata alla Rivelazione.


 

Ad 2.
 

Il termine ‘questione meridionale’ venne usato per la prima volta nel 1873 dal deputato radicale lombardo Antonio Billia, intendendo la disastrosa situazione economica del Mezzogiorno in confronto alle altre regioni dell'Italia unificata. Essa nasce all'indomani dell'unità d'Italia, quando le diverse realtà politiche ed economiche della penisola vengono riunificate sotto la corona sabauda. Sin dal 1861 è evidente il profondo squilibrio economico che divide in due l'Italia, che al nord presenta un modello di sviluppo di tipo capitalistico del tutto assente nelle regioni del Mezzogiorno d'Italia.

Nei primi anni unitari la questione meridionale, intesa come il problema dell'arretratezza economica ma anche sociale e politica del sud, non fu argomento di discussione. Altri problemi infatti sorsero tra il nord e il sud Italia, così gravi da minacciare la stessa unità appena raggiunta. Dal 1861 al 1865 si sviluppò, ad esempio, in Basilicata, in Molise, in parte dell'Abruzzo, della Calabria e della Puglia il cosiddetto fenomeno del "brigantaggio". Organizzati in bande i briganti attaccavano i paesi, saccheggiavano negozi e davano fuoco agli edifici comunali, per poi fuggire nelle campagne o sulle alture. Si trattava di un fenomeno molto esteso, che coinvolse migliaia di persone, che ebbe moltissimi fiancheggiatori nel meridione e che fu espressione di un profondo disagio maturato in ampi strati della popolazione meridionale all'indomani dell'unificazione.

Ma poi la crisi agricola e l'assenza pressoché totale di sviluppo industriale resero evidente il deficit economico meridionale e indussero intellettuali e uomini politici ad interrogarsi sui motivi di questa persistente arretratezza, che non accennava a diminuire, ma anzi sembrava amplificarsi con il trascorrere degli anni: nasce, così, la questione meridionale, cioè la discussione, una sorta di dibattito culturale, di ipotesi sulle possibili soluzioni per risolvere l’arretratezza culturale, economica, sociale in cui versava il mezzogiorno d’Italia: soluzioni e ipotesi talora contrastanti suggerite via via dalla estrazione politico-sociale di che ne era portatore.

Vari studiosi e uomini politici hanno affrontato e discusso la Questione meridionale, cercando le cause dell'arretratezza del sud. Ecco i più noti. Pasquale Villari, Giuseppe Massari (1821 - 1884), Stefano Castagnola (1825 - 1891), Stefano Jacini senior (1827 - 1891, Stefano Jacini junior (1886 - 1952), Leopoldo Franchetti (1847 - 1917), Enea Cavalieri (1848 - 1929) Sonnino, Giustino Fortunato, Benedetto Croce (1866 - 1952), Gaetano Salvemini (1873 - 1957), Francesco Saverio Nitti (1868 - 1953), Antonio Gramsci (1891 - 1937), Guido Dorso (1892 - 1947), Rosario Romeo (1924 - 1987) ed altri.


 


 

II. – I TEMI DELLA NUOVA ED ATTUALE QUESTIONE MERIDIONALE SECONDO IL DOCUMENTO CEI.


 

Gli argomenti, i temi che furono oggetto di discussione intorno ai quali si sviluppò e si incentrò la questione meridionale, dopo l’unità d’Italia, furono quasi infiniti. In questi ultimi 150 anni molti temi, agitati dalla questione meridionale, hanno perso il loro mordente perché non più supportati da situazioni reali, altri sono rimasti, ma ne sono sorti di nuovi. Ed essi vengono elencati dettagliatamente, e con una competenza quasi scientifica e professionale, nel documento della CEI.

 

  1. L’antico brigantaggio è diventato criminalità organizzata perché, nella seconda metà dell'Ottocento, emersero federazioni di famiglie organizzate su base regionale, che sarebbero poi diventate: Cosa Nostra in Sicilia, la Camorra in Campania, e la 'Ndrangheta in Calabria: un vero e proprio ‘cancro’. La presenza di tali organizzazioni criminali incide fortemente in modo negativo sullo sviluppo socio-economico del territorio meridionale. Ad esse si sono aggiunte ora nuove forme di sfruttamento del territorio: si pensi all’ecomafia.

  1. L’economia illegale, peraltro, non si identifica totalmente con il fenomeno mafioso, essendo purtroppo diffuse attività illecite non sempre collegate alle organizzazioni criminali, ma ugualmente deleterie (usura, estorsione, evasione fiscale, lavoro nero…). Ciò rivela una carenza di senso civico, che compromette sia la qualità della convivenza sociale sia quella della vita politica e istituzionale, arrecando anche in questo caso un grave pregiudizio allo sviluppo economico, sociale e culturale”.

  1. Continua ad esistere la vecchia povertà, ma è sorta la nuova povertà meridionale, la disoccupazione, l’emigrazione, l’immigrazione nel sud (vedi Lampedusa), che è diventato il primo approdo della speranza per migliaia di immigrati.

  1. Ma è cambiata anche la geografia socio-politico-economico: il mondo è diventato sotto tutti gli aspetti un villaggio globale e, in questa ottica e dimensione, il sud Italia sta correndo il rischio di essere tagliato fuori dai canali della ridistribuzione delle risorse e di essere trasformato in un collettore di voti per disegni politico-economici estranei al suo sviluppo. ‘Il cambiamento istituzionale provocato dall’elezione diretta dei sindaci, dei presidenti delle province e delle regioni, non ha scardinato meccanismi perversi o semplicemente malsani nell’amministrazione della cosa pubblica, né ha prodotto quei benefici che una democrazia più diretta nella gestione del territorio avrebbe auspicato’.

  1. Vi è una trasformazione politico-istituzionale ‘che ha nel federalismo un punto nevralgico, e con un’evoluzione socio-culturale, in cui si combinano il crescente pluralismo delle opzioni ideali ed etiche e l’inserimento di nuove presenze etnico-religiose per effetto dei fenomeni migratori. Non si può, infine, tralasciare la trasformazione della religiosità degli italiani che, pur conservando un carattere popolare, fortemente radicato soprattutto nel Sud, conosce processi di erosione per effetto di correnti di secolarizzazione’.

  1. Ancora: il Sud ha recepito acriticamente la modernizzazione: ‘Dal punto di vista culturale, erano largamente presenti, accanto a valori di umanità e di religiosità autentici, forme di particolarismo familistico, di fatalismo e di violenza che rendevano problematica la crescita sociale e civile. Su questo terreno arcaico ha fatto irruzione la modernità avanzata che, paradossalmente, ha potenziato quegli antichi germi innestandovi la nuova mentalità, segnata dall’individualismo e dal nichilismo. L’assorbimento acritico di modelli comportamentali diffusi dai processi mediatici si è accompagnato al mantenimento di forme tradizionali di socializzazione, di falsa onorabilità e di omertà diffusa.

  1. L’allargamento dell’Unione europea ha posto il Mezzogiorno di fronte a nuove opportunità ma anche a rischi inediti: da un lato, ha permesso l’accesso a canali finanziari e commerciali più ampi, dall’altro ha accresciuto la concorrenza, a causa dell’ingresso massiccio di Stati a basso reddito medio, più attraenti per le imprese in ragione del minor costo della manodopera’.

  1. Nella condizione femminilemolte sono le barriere ancora da superare, sia sul versante culturale che su quello sociale. Sussistono infatti visioni inaccettabili, come quelle alla base di un certo familismo o di una svalutazione della maternità e, più di recente, del ruolo di primo piano che le donne vengono a rivestire nella criminalità organizzata. Analisi aggiornate attribuiscono inoltre alle donne posizioni di marcato svantaggio nel superamento della disoccupazione e dell’inattività, con il risultato di vedersi riconosciuti meno diritti e inferiori opportunità’.

  1. La prospettiva di riarticolare l’assetto del Paese in senso federale costituirebbe una sconfitta per tutti, se il federalismo accentuasse la distanza tra le diverse parti d’Italia’.

  1. Altri problemi che affliggono il Mezzogiorno sono: lo «stravolgimento del mondo dell'agricoltura», il «fatalismo», la «radicale fragilità del suo tessuto sociale, culturale ed economico», il «divario nel livello dei redditi, nell'occupazione, nelle dotazioni produttive, infrastrutturali e civili».



 

III. – LA POSIZIONE DELLA CHIESA E DEI VESCOVI DEL SUD RISPETTO ALLA SITUAZIONE DEL MEZZOGIORNO D’ITALIA

I Vescovi italiani riprendono, nel Documento citato, la riflessione sul cammino della solidarietà nel nostro Paese, con particolare attenzione al Meridione d'Italia e ai suoi problemi irrisolti, riproponendoli all'attenzione della comunità ecclesiale nazionale. A vent’anni dalla pubblicazione del documento Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno, i vescovi italiani riprendono la riflessione sul cammino della solidarietà nel nostro Paese, nella convinzione «degli ineludibili doveri della solidarietà sociale e della comunione ecclesiale (…) alla luce dell’insegnamento del Vangelo e con spirito costruttivo di speranza». L’episcopato italiano torna sull’argomento per intervenire nel dibattito.

 

  1. Riprendere il cammino della solidarietà reciproca:

«Vogliamo riprendere la riflessione sul cammino della solidarietà nel nostro Paese, con particolare attenzione al Meridione d'Italia e ai suoi problemi irrisolti, riproponendoli all'attenzione della comunità ecclesiale nazionale, nella convinzione "degli ineludibili doveri della solidarietà sociale e della comunione ecclesiale [...] alla luce dell'insegnamento del Vangelo e con spirito costruttivo di speranza". Torniamo sull'argomento... per ribadire la consapevolezza del dovere e della volontà della Chiesa di essere presente e solidale in ogni parte d'Italia, per promuovere un autentico sviluppo di tutto il Paese. Nel 1989 sostenemmo: "il Paese non crescerà, se non insieme". Anche oggi riteniamo indispensabile che l'intera nazione conservi e accresca ciò che ha costruito nel tempo. Il bene comune, infatti, è molto più della somma del bene delle singole parti» (PSCM n. 1).

 

  1. Guardare con amore intelligente al Mezzogiorno e al Paese:

«Siamo invitati a guardare con amore intelligente al Mezzogiorno e all'intero Paese nella consapevolezza che «lo sviluppo dei popoli si realizza non in forza delle sole risorse materiali di cui si può disporre in misura più o meno larga, ma soprattutto grazie alla responsabilità del pensare insieme e gli uni per gli altri ... Il Signore «ci spinge a metterci a servizio gli uni degli altri, perché soltanto questa reciprocità d'amore ci permette di essere riconosciuti da tutti come suoi discepoli. Il nostro guardare al Paese, con particolare attenzione al Mezzogiorno, vuole essere espressione, appunto, di quell'amore intelligente e solidale che sta alla base di uno sviluppo vero e giusto, in quanto tale condiviso da tutti, per tutti e alla portata di tutti» (PSCM n. 2).

 

  1. Crescere insieme nell'accoglienza:

È importante «promuovere la necessaria solidarietà nazionale e lo scambio di uomini, idee e risorse tra le diverse parti del Paese» poiché «un Mezzogiorno umiliato impoverisce e rende più piccola tutta l'Italia» (PSCM n. 8). La solidarietà nazionale deve aprirsi anche all'accoglienza degli immigrati, che spesso al Sud vivono un primo approdo nella speranza e sperimentano quel «laboratorio ecclesiale in cui si tenta, dopo aver assicurato accoglienza, soccorso e ospitalità, un discernimento cristiano, un percorso di giustizia e promozione umana e un incontro con le religioni professate dagli immigrati e dai profughi» (PSCM n. 4). Non lasciamoci scoraggiare da deficienze, dalla «necessità di far crescere il senso civico di tutta la popolazione», dall'«urgenza di superare le inadeguatezze presenti nelle classi dirigenti» (PSCM n. 1), occorre valorizzare sempre più le «non poche risorse presenti nelle popolazioni e nelle comunità ecclesiali del Sud, a una volontà autonoma di riscatto, alla necessità di contare sulle proprie forze come condizione insostituibile per valorizzare tutte le espressioni di solidarietà che devono provenire dall'Italia intera nell'articolazione di una sussidiarietà organica» (PSCM n. 1).

 

  1. Guardare al Sud con occhi attenti e aperti al mondo:

I vescovi collocano i problemi del Mezzogiorno nell'orizzonte dell'Europa e del Mediterraneo, che pone occasioni di nuove opportunità ma anche di nuovi problemi, da vivere con responsabilità nel contesto della globalizzazione. La Chiesa segue questi cambiamenti e li discerne alla luce della dottrina sociale e del Vangelo, «che ci indica la via del buon Samaritano: per i discepoli di Cristo la scelta preferenziale per i poveri significa aprirsi con generosità alla forza di libertà e di liberazione che lo Spirito continuamente ci dona, nella Parola e nell'Eucaristia» (PSCM n. 4).

 

  1. Coltivare la speranza per vincere la sfiducia:

È fondamentale non lasciarsi schiacciare dai molteplici problemi che affliggono le nostre terre: «Contro ogni tentazione di torpore e di inerzia, abbiamo il dovere di annunciare che i cambiamenti sono possibili» (PSCM n. 19).


 


 

IV. – LE IPOTESI DI SOLUZIONI IMMAGINATE DAL DOCUMENTO CEI

 

I Pastori enunciano numerose verità scomode; scomode per una classe dirigente nazionale, che si è alternata in questi ultimi vent’anni, per un Nord ripiegato su se stesso e sui suoi miopi interessi materiali, per un Popolo meridionale, che non ha saputo costruire un diffuso movimento di protagonismo sociale ed economico, ed anche per un frammentato Popolo di Dio, che per molti aspetti si è rinchiuso nel disimpegno politico e nel solidarismo assistenziale. I Vescovi italiani invitano la società civile a svolgere il proprio ruolo, a non delegare la propria partecipazione attiva alla costruzione dello sviluppo del Paese e in particolare, secondo le parole di Giovanni Paolo II, ad “organizzare la speranza nella vasta area del Mezzogiorno”.

Due sono le strade principali suggerite dai Pastori per fare del Mezzogiorno il punto di partenza della ripresa morale, civile, sociale ed anche economica e politica del Paese. Due strade non solo enunciate, ma anche già praticate. La prima è propria del ruolo dei laici, inseriti nella storia del mondo, e indicata da Gesù stesso: la lettura dei segni dei tempi. Questo significa imparare a leggere (e ad ascoltare) la realtà spirituale e materiale delle persone, nella loro situazione individuale e familiare, sociale e culturale, lavorativa ed economica. Non una lettura sociologica, quindi, ma umana, fatta di relazioni e di dialoghi, di confronto personale e comunitario. Di qui nasce la seconda strada: la lettura dei segni tempi trova la sua naturale prosecuzione nella relazione educativa.

 

In particolare:

 

  1. occorre guardare con amore il Mezzogiorno, illuminati dalla luce della fede, nella responsabilità del pensare e del risolvere insieme, secondo il comando del Signore, che ci invita a metterci gli uni al servizio degli altri;

  1. la condivisione trova origine e compimento nell’Eucarestia, preannunziata plasticamente nella moltiplicazione dei pani e dei pesci, quando il Signore Gesù ai suoi apostoli dice: ‘Date voi stessi loro da mangiare’ (Mt 14,16);

  1. «Il principio di sussidiarietà va mantenuto strettamente connesso con il principio di solidarietà e viceversa, perché se la sussidiarietà senza la solidarietà scade nel particolarismo sociale, è altrettanto vero che la solidarietà senza la sussidiarietà scade nell’assistenzialismo... Un tale federalismo, solidale, realistico e unitario, rafforzerebbe l’unità del Paese, rinnovando il modo di concorrervi da parte delle diverse realtà regionali, nella consapevolezza dell’interdipendenza crescente in un mondo globalizzato… L’imminente ricorrenza del centocinquantesimo anniversario dell’unità nazionale ci ricorda che la solidarietà, unita alla sussidiarietà, è una grande ricchezza per tutti gli italiani, oltre che un beneficio e un valore per l’intera Europa. Proprio per non perpetuare un approccio assistenzialistico alle difficoltà del Meridione, occorre promuovere la necessaria solidarietà nazionale e lo scambio di uomini, idee e risorse tra le diverse parti del Paese. Un Mezzogiorno umiliato impoverisce e rende più piccola tutta l’Italia»;

  1. a proposito della criminalità organizzata e delle attività illecite, i vescovi affermano che: “C’è bisogno di un preciso intervento educativo, sin dai primi anni di età, per evitare che il mafioso sia visto come un modello da imitare… la Chiesa è giunta a pronunciare, nei confronti della malavita organizzata, parole propriamente cristiane e tipicamente evangeliche, come “peccato”, “conversione”, “pentimento”, “diritto e giudizio di Dio”, “martirio”, le sole che le permettono di offrire un contributo specifico alla formazione di una rinnovata coscienza cristiana e civile… Vogliamo ricordare i numerosi testimoni immolatisi a causa della giustizia: magistrati, forze dell’ordine, politici, sindacalisti, imprenditori e giornalisti, uomini e donne di ogni categoria. Le comunità cristiane del Sud hanno visto emergere luminose testimonianze, come quella di don Pino Puglisi, di don Giuseppe Diana e del giudice Rosario Livatino, i quali − ribellandosi alla prepotenza della malavita organizzata − hanno vissuto la loro lotta in termini specificamente cristiani: armando, cioè, il loro animo di eroico coraggio per non arrendersi al male, ma pure consegnandosi con tutto il cuore a Dio”;

  1. per la povertà, la disoccupazione, il flusso migratorio dei giovani, soprattutto delle figure professionali, verso il Centro-Nord e l’estero, si deve onorare il principio di sussidiarietà e puntare sulla formazione professionale;

  1. occorre soprattutto non perdere la speranza:

      1. perché il decennio successivo al 1989 è stato caratterizzato nelle regioni meridionali da un tasso di crescita che ha fatto sperare, anche se per poco, in una riduzione del divario con il resto dell’Italia. Tale tendenza positiva è stata parallela a una crescita della società civile, maggiormente consapevole di poter cambiare gradualmente una mentalità e una situazione da troppo tempo consolidate. Le coscienze dei giovani, che rappresentano una porzione significativa della popolazione del Mezzogiorno, possono muoversi con più slancio, perché meno disilluse, più coraggiose nel contrastare la criminalità e l’ingiustizia diffusa, più aperte a un futuro diverso. Sono soprattutto i giovani, infatti, ad aver ritrovato il gusto dell’associazionismo – tuttora particolarmente vivace in queste regioni –, dando vita a esperienze di volontariato e a reti di solidarietà, non volendo più sentirsi vittime della rassegnazione, della violenza e dello sfruttamento. Per questo sono scesi in piazza per gridare che il Mezzogiorno non è tutto mafia o un luogo senza speranza. I loro sono volti nuovi di uomini e donne che si espongono in prima persona, lavorano con rinnovata forza morale al riscatto della propria terra, lottano per vincere l’amarezza dell’emigrazione, per debellare il degrado di tanti quartieri delle periferie cittadine e sconfiggere la sfiducia che induce a rinviare nel tempo la formazione di una nuova famiglia. Sono volti non rassegnati, ma coraggiosi e forti, determinati a resistere e ad andare avanti. In questo impegno di promozione umana e di educazione alla speranza si è costantemente spesa la parte migliore della Chiesa nel Sud, che non si è solo allineata con la società civile più coraggiosa, rigettando e stigmatizzando ogni forma di illegalità mafiosa, ma soprattutto si è presentata come testimone credibile della verità e luogo sicuro dove educare alla speranza per una convivenza civile più giusta e serena. Le Chiese hanno fatto sorgere e accompagnato esperienze di rinnovamento pastorale e di mobilitazione morale, che hanno coinvolto numerosi laici e tante aggregazioni laicali, sia tradizionali sia di recente creazione, come le associazioni antiusura e antiracket. Espressione di tale vitalità è anche la fecondità di vocazioni alla vita consacrata e al ministero ordinato che esse conoscono pure in questo tempo. Così la Chiesa accoglie e ripropone con coraggio l’annuncio del Vangelo”;

 

      1. Il Mezzogiorno può trovare una sua nuova centralità in primo luogo per la ricchezza di risorse umane inutilizzate e per la possibilità concreta di specializzare produttivamente il territorio. Solo così sarà possibile riscoprire e valorizzare le risorse tipiche del Meridione: la bellezza dell’ambiente naturale, il territorio e l’agricoltura, insieme al patrimonio culturale, di cui una parte rilevante è espressione della tradizione cristiana, senza trascurare quel tratto umano che caratterizza il clima di accoglienza e solidarietà proprio delle genti del Sud... Il Sud, pur in mezzo a difficoltà economiche, continua, per ora, ad avere un tasso di natalità superiore alla media nazionale. Questa preziosa risorsa esprime fiducia verso il futuro ed è la prima concreta attuazione della speranza nell’accoglienza della vita, manifestando peraltro il legame inscindibile tra condizioni sociali ed economiche e questione antropologica. È perciò necessario favorire questa linea di tendenza in tutto il Paese, ma soprattutto al Sud, dove più numerose sono le giovani donne e più forte il capitale culturale della famiglia”;

 

      1. Le comunità cristiane costituiscono un inestimabile patrimonio e un fattore di sviluppo e di coesione di cui si avvale l’intero tessuto sociale. Lo sono in quanto realtà ecclesiali, edificate dalla Parola di Dio, dall’Eucaristia e dalla comunione fraterna, dedite alla formazione delle coscienze e alla testimonianza della verità e dell’amore. Fedeli alla loro identità, costituiscono anche un prezioso tessuto connettivo nel territorio, un centro nevralgico di progettualità culturale, una scuola di passione e di dedizione civile. Nelle comunità cristiane si sperimentano relazioni significative e fraterne, caratterizzate dall’attenzione all’altro, da un impegno educativo condiviso, dall’ascolto della Parola e dalla frequenza ai sacramenti. Sono luoghi «dove le giovani generazioni possono imparare la speranza, non come utopia, ma come fiducia tenace nella forza del bene … È questo il primo, insostituibile apporto che le Chiese nel Sud hanno da offrire alla società civile: le risorse spirituali, morali e culturali che germogliano da un rinnovato annuncio del Vangelo e dall’esperienza cristiana, dalla presenza capillare nel territorio delle parrocchie, delle comunità religiose, delle aggregazioni laicali e specialmente dell’Azione Cattolica, delle istituzioni educative e di carità, fanno vedere e toccare l’amore di Dio e la maternità della Chiesa, popolo che cammina nella storia e punto di riferimento per la gente, di cui condivide giorno dopo giorno le fatiche e le speranze. Nell’esperienza delle popolazioni del Mezzogiorno un ruolo importante svolge la pietà popolare, di cui la Chiesa apprezza il valore, vigilando nel contempo per ricondurne a purezza di fede le molteplici manifestazioni, in particolare le feste religiose dei santi patroni. In essa bisogna riconoscere un patrimonio spirituale che non cessa di alimentare il senso del vivere di tanti fedeli, infondendo loro coraggio, pazienza, perseveranza, solidarietà, capacità di resistenza al male e speranza oltre ogni ostacolo e difficoltà. Le comunità ecclesiali devono avvertire l’urgenza di testimoniare questa attesa di novità per una speranza che guardi con fiducia al futuro”;

 

      1. A partire dalla comunione di fede e di preghiera, potrà realizzarsi anche in Italia un mutuo scambio di sacerdoti, di diaconi permanenti e di laici qualificati che, spinti dalla carità, guardano oltre il proprio campanile e si prendono a cuore le sorti di chi è lontano. Qualcosa del genere è già in atto, dal momento che, a motivo dell’emigrazione, forze ecclesiali vive del Meridione si trasferiscono in altre parti del Paese. Non mancano, in senso inverso, presenze ed esperienze ecclesiali che affluiscono dal Nord verso il Sud”.


 

Infine i Vescovi pongono l’accento sulla priorità ineludibile della questione educativa rivolta alla formazione della socialità e della legalità, e, a livello intraecclesiale, alla catechesi; auspicano l’esigenza di ripensare e rilanciare le scuole di formazione sociale e politica, alla scuola dei testimoni citati, e concludono il documento

 

 



 

V. - QUALE RUOLO DEVONO RIVESTIRE I CAVALIERI E LE DAME DELL’ORDINE DEL S. SEPOLCRO DI FRONTE AI PROBLEMI E ALLA REALTA’ DEL SUD ITALIA ALL’INTERNO DEL DOCUMENTO CEI


 

  1. Innanzitutto siamo meridionali, apparteniamo a questo territorio, e i problemi di questo territorio sono i nostri problemi, che ci coinvolgono e ci investono come uomini e donne comuni, perciò non possiamo assolutamente assumere l’atteggiamento delle tre scimmie, che non vedono, non sentono, non parlano. Ognuno, quindi, deve assumersi la responsabilità di collaborare, nel proprio piccolo e nelle proprie competenze, alla soluzione dei problemi del Sud.

  1. Poi siamo chiesa, membri di una comunità religiosa, che deve farsi carico di affrontare e tentare di risolvere i problemi. ‘Sentire cum ecclesia’, avvertire gli stessi sentimenti della Chiesa, che, nel Documento, si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà, che parla di condivisione, di crescita insieme, di solidarietà nazionale, di pensare insieme, di porsi al servizio dei fratelli, di spezzare il pane con gli altri, di sentirsi fratelli di chi è nel bisogno, di pregare, di valorizzare il sacramento dell’Eucarestia, di portare la buona novella del Vangelo ai poveri, agli umiliati, agli esclusi, agli indifesi, ai deboli.

  1. All’interno della chiesa siamo un’élite, cioè più che un’aggregazione, un movimento, un gruppo, un’associazione, un cammino, siamo un ordine riconosciuto dal Diritto Canonico e dalla Chiesa, ma anche al servizio della Chiesa. Lo Statuto, le disposizioni operative, il regolamento dell’ordine orientano il cavaliere ad essere autentico ‘miles’, soldato, che opera attivamente a ‘difendere il diritto di ogni popolo a vivere in pace e a difendere i diritti della Chiesa, come messaggero di pace e di giustizia tra i popoli’ attraverso la carità, l’amore fratello, l’aiuto ai bisognosi, ai poveri.

  1. Piace concludere con le stesse parole prese dalla Sintesi delle Disposizioni Operative contenute nelle direttive per il rinnovamento dell’Ordine Equestre del S. Sepolcro di Gerusalemme in vista del Terzo Millennio, là dove si parla:

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Fonte :  testo cortesemente inviato alla redazione dal Relatore dell'incontro spirituale il Confratello Comm. Mons. Prof. Vincenzo Taiani  OESSG, email: vtaiani@amalficoast.it  .

 

 

 

 

 

 


 

 

 

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